Se state camminando per le strade di Ashton-under-Lyne, 15 chilometri da Manchester, indicate tra i monumenti da visitare troverete tre statue, costruite una accanto all’altra, davanti allo stadio. Sono dedicate a Jimmy Armfield, Geoff Hurst e…Simone Perrotta. Ciò che lega i tre - oltre al fatto di essere nati o cresciuti ad Ashton - è l’aver vinto una Coppa del Mondo. I primi due c’erano riusciti con l’Inghilterra nel 1966, Perrotta con l’Italia nel 2006. Tra l’altro Simone, della statua, neanche lo sapeva. “Me lo ha raccontato mio zio che ancora vive lì, non mi hanno proprio avvisato”. Qualcuno avrebbe mai immaginato che Perrotta avrebbe avuto una statua prima di Totti o Baggio? Probabilmente no, nessuno. C’è da dire però che le statue realizzate ad Ashton sono tra quelle venute meglio. Anche perché, nella storia recente, quando il calcio ha incontrato l’arte non sempre le cose sono andate benissimo…
I più grandi da Maradona a Messi
Da Maradona e Pelè a Messi e Cristiano Ronaldo. Dominano sempre loro, padroni dell’Olimpo del pallone. E quale modo migliore per celebrare la loro grandezza se non una statua? L'idea sarebbe giusta, il problema è che la realizzazione non sempre rende giustizia alla forza del giocatore. Anzi. A Messi per esempio ne era stata dedicata una a Buenos Aires, lungo il Paseo della Gloria, che lo raffigurava con la palla incollata al piede: la statua però è stata più volte vandalizzata e mai più ricostruita. Ce ne è invece un’altra - sempre di Leo - che ha avuto miglior fortuna: il suo piede sinistro è stato riprodotto dallo scultore giapponese Ginza Tanaka e messo in vendita per oltre 5 milioni di euro. Niente in relazione al valore di quello vero.
Un capitolo diverso riguarda Ronaldo e Maradona. Ad entrambi infatti sono state dedicate statue quasi sempre rivedibili. Diego ne ha avute addirittura tre. Una a Calcutta, in India, una nel museo del Boca Juniors a Buenos Aires. Bocciate tutte e due. L’ultima invece è a Napoli, ben realizzata dall’artista Domenico Sepe, è stata anche esposta davanti allo stadio che porta il suo nome. Maradona davanti al Maradona. Chissà che in futuro non potrà restare lì in modo permanente.
CR7 invece ne ha avuta una nella sua Madeira, eretta dall'artista Emanuel Santos e svelata in occasione dell'inaugurazione dell'aereoporto della cittadina. Choiamato come? Neanche a dirlo, Cristiano Ronaldo. Una statua era quindi un ottimo tributo al campione, se non fosse che il risultato finale non fu fedelissimo all’originale. Tanto per dire e rendere l'idea. Lo scultore ci ha poi riprovato un anno dopo, migliorando il lavoro e allontanando le critiche. In sintesi però, si poteva fare di più. Chiude quella di Pelè, ben fatta ed esposta nel museo della nazionale brasiliana.
L'ultima dedica al Guaje Villa
L’ultima in ordine di tempo è stata quella realizzata per David Villa a Langreo, nord della Spagna, sua città natale. El Guajè - che in asturiano vuol dire “il bambino” - è cresciuto lì, prima passare allo Sporting Gijon, per poi essere un simbolo del Valencia e diventare campione di tutto a Barcellona. Sui social si trova un post della società di Gijon che pubblicizza la nuova statua. C’è Villa accanto alla sua riproduzione che indossa la sette della Spagna e ha un pallone tra i piedi. Non esisteva un modo migliore per dirgli grazie. Altro campione del mondo e orgoglio cittadino.
Gli altri da Henry a Eusebio e Iniesta
Le statue sono una celebrazione di grandezza, un modo per esprimere un senso di riconoscimento e gratitudine. I calciatori oggi costruiscono la propria estetica con gol, esultanze e rovesciate: in queste pose si quindi cerca di ritrarli e renderli immortali. Non sempre però con i risultati sperati… Già, perché per ogni Henry che scivola maestoso fuori dall'Emirates c'è un Vidal che assomiglia all’uomo di latta del Mago di Oz oppure un irriconoscibile Radamel Falcao. Restando in Sudamerica quella che invece spicca è la statua dedicata a Valderrama, a Santa Marta dove El Pibe è nato. La capigliatura cult dell’ex numero 10 viene infatti riprodotta alla perfezione. Ce ne sono poi tante altre - belle e meno belle - come quella dedicata a Shearer, leggenda del Newcastle, fuori dal St James' Park. Svelata nel 2016, è costata 250mila sterline. Investimento discutibile, vista la realizzazione. Oppure quella di Eusebio, che accoglie i tifosi biancorossi all’esterno del Da Luz o quella di Cruijff davanti all’Amsterdam Arena. Un'altra che è passata alla storia è quella di Puskas, realizzata proprio al centro della piazza di Budapest che porta il suo nome. Fuori da Highbury c'è poi anche una statua dedicata a Dennis Bergkamp, presentata al pubblico nel 2014. L'Olandese ha giocato lì per 11 anni dal 1995 al 2006. Custodi delle loro case per l’eternità, dei teatri in cui hanno mosso i passi più belli della carriera.
Ce ne sono poi alcune che meritano un capitolo a parte. Sono statue che catturano un dettaglio, fotografano un momento. Una è senza dubbio quella realizzata per immortalare il tunnel di suola di Riquelme ai danni del povero Mario Yepes in un Boca-River dell’aprile 2000. La statua è realizzata in scala 1:1 ed è fatta con dei tappi di bottiglia e di sughero. Riquelme ha il tacco alzato, Yepes invece guarda disperato il pallone che gli passa tra le gambe e gli scivola alle sue spalle.
Un’altra che merita una menzione a parte è quella dedicata a Henrik Larsson, a Helsinborg, sud della Svezia. I soldi per realizzarla – 500mila corone – sono state raccolte tramite donazioni di persone che hanno raccontato di essere cresciute nel suo mito. Riconoscenza. A Glasgow lo chiamavano il Re dei Re, è stato riferimento, trascinatore e guida. Ha giocato anche nel Barca di Messi, Eto’o e Ronaldinho. La sua statua sembra raffigurare un uomo che riflette, con lo sguardo perso nel mare del Nord. Infine poi ce ne sono tante altre che simboleggiano momenti indimenticabili o personaggi che hanno fatto la storia di un luogo o di una nazione: dalla statua in onore di Pauleta, il Ciclone delle Azzorre, centravanti del Portogallo che segnava a raffica su assist di Figo e Deco, a quella di Iniesta che segna il gol decisivo in Sudafrica contro l’Olanda in finale di Coppa del Mondo, fino a Casillas che respinge su Robben, sempre in finale nel 2010, spegnendo i sogni di gloria Oranje.