Vitor Barreto vive ancora nella “sua” Udine e pur di non perdere nemmeno un'ora di allenamento, declina inviti su inviti alle partite di calcetto tra amici. "E che c'è di strano?" direte voi. Ce lo spiega lui. “Mi alleno da solo - racconta a www.gianlucadimarzio.com - ma so che è l’unico modo per mantenersi in forma e farsi trovare pronto per una chiamata”.
In Italia è arrivato a 13 anni, da solo. Poi il settore giovanile del Treviso, l’esordio con Pillon in prima squadra e la promozione indimenticabile in serie A. A Udine, poi, nel 2005. Dove ha conosciuto l'amore per sua moglie e posto in cui ha deciso di rimanerci. “Sai come funziona, comandano nel donne…”, aggiunge con una risata, sintomo che pur senza pallone il buon umore non gli è mai passato. In estate era anche arrivata qualche proposta ma le ha scartate tutte. “Erano tutte provenienti dall’estero, io non volevo spostarmi. Ho vissuto sempre in Italia e anche senza figli è dura andare via. A luglio avevo praticamente chiuso con una squadra giapponese: dovevano solo fare il biglietto aereo”. E adesso guarda avanti. “Voglio solo tornare a giocare: è quello che so fare. Anche in Serie B o Lega Pro”. Mentre in serie A gli piacerebbe giocare a Napoli. “Come gioco quello di Sarri sarebbe l’ideale per me: veloce e palla a terra”. Non gli è mai piaciuto studiare, “Ricordo di essere andato a scuola una sola volta, quando mi sono iscritto”, ma l’italiano l’ha imparato in fretta. Anche sotto il profilo calcistico. “Il calcio italiano è un molto tattico e ho avuto la fortuna di imparare perché sono arrivato giovane e subito ho assimilato tutto. Ma mi è rimasta un po’ di mentalità brasiliana”. Amici tanti: da Di Natale a Iaquinta passando per Di Michele. “Ma oggi mi sento spesso con Reginaldo, Antonino D’Agostino e Luca Tedeschi. Sono loro i miei amici storici”. Dai calciatori agli allenatori. “Conte è spettacolare. Ho avuto la fortuna di lavorare con lui e la sfortuna che l’ho fatto solo un anno perché poi è andato via dopo la promozione con il Bari”, ma in quella stagione ha imparato tantissimo. “Dico sempre che se fosse rimasto a Bari non so cosa sarebbe potuto succedere dal punto di visto dei risultati”. E poi giù lo stereotipo del Conte solo lavoratore: “Sa anche scherzare molto!”. In Barreto ci credeva tanto. “Quando era ct della Nazionale ed io ero a Torino mi disse: ‘Ti tengo d’occhio’ ”. Sì, perché Vitor ha anche il passaporto italiano e per un attimo avrebbe anche potuto vestire la maglia della Nazionale sotto la gestione Conte. Chi invece adesso siede sulla panchina dell’Italia è Giampiero Ventura. “Con lui ho sempre avuto un bellissimo rapporto. Fa un calcio molto offensivo, ma si lavora anche tanto. Devi correre molto e devi difendere. Noi giocavamo con 4 attaccanti ci toccava difendere tanto. Sono contento per il traguardo ottenuto come ct della Nazionale anche se all’epoca del Bari non mi aspettavo che sarebbe arrivato fin lì, ma lo merita davvero tanto”. Poi le ultime due parentesi: Torino e Venezia. “Non ho molti ricordi belli dell’avventura granata. Ho giocato poco. Mentre di Venezia porterò sempre con me il rapporto con il direttore Perinetti che è anche quello che mi ha portato a Bari”. Adesso per Vitor Barreto è tempo di non guardarsi troppo alle spalle, ma badare al futuro: al calcio che verrà, perché verrà. Ma non sarà un calcetto con gli amici. Per quello c'è tempo: adesso bisogna allenarsi tutti i giorni, da solo. Pronti per una nuova sfida.