“Stiamo arrivando a un punto di non ritorno”. Parole chiare e nette quelle utilizzate da Umberto Calcagno, presidente dell’AIC, per descrivere la prospettiva che coinvolgerà nei prossimi mesi calciatori e squadre. Il numero delle partite che aumenta, le pause che diminuiscono, la possibilità dello sciopero, la salute dei giocatori a rischio. “Ma attenzione, è una situazione critica che intacca l’intero sistema, non solo l’aspetto fisico dell’atleta”. Garanzia dello spettacolo, infortuni, passione dei tifosi, tutela dei campionati nazionali, il rapporto tra FIFA e leghe nazionali. Quella sui calendari sempre più fitti e della loro organizzazione, è una discussione di sistema che tocca e lega tra loro diversi temi.
“E se la situazione non cambierà, l’ipotesi dello sciopero potrebbe concretizzarsi”, continua il presidente Calcagno. Parole che confermano le preoccupazioni e le posizioni espresse nelle ultime settimane da Bastoni, Rodri, Carvajal e diversi altri calciatori. Una situazione che rimane aperta.
“Lo sciopero dei giocatori? Possibilità concreta”
Sempre più frequenti le parole di allarme dei giocatori, da Sommer a De Bruyne, fino a Rodri (infortunatosi al ginocchio pochi giorni dopo). “Non esiste solo il business, ma la qualità dello spettacolo offerto. Bisogna che qualcuno si occupi di noi, la salute mentale è importante. Prima o poi succederà che saremo costretti a scioperare”, le parole dello spagnolo. Ma è davvero possibile? “Certo, è una prospettiva concreta. Conseguenze? Il calciatore ha la stessa posizione di un lavoratore subordinato. In caso di sciopero ci sarebbe la trattenuta della giornata lavorativa in busta paga”. Una possibilità che “dipenderà dai nostri interlocutori, da quanto farà la FIFA. Se continuerà ad avere l’atteggiamento tenuto in questi anni, rifiutando il dialogo, sarà dura trovare un punto d’incontro”. FIFA contro cui lo scorso giugno il sindacato mondiale FifPro ha intentato una causa che “potrebbe determinare a nostro favore un abuso di posizione dominante di quello che è l’ente regolatore”.
Salute e spettacolo
Una discussione di sistema che intacca salute e spettacolo. Da una parte la condizione degli atleti: “Nella stagione appena iniziata un giocatore come Barella potrebbe disputare più di 80 partite. Con il Mondiale per club non ci sarà neanche una pausa estiva adeguata. C’è una forte preoccupazione da parte dei giocatori e degli staff che dovranno seguire questi ragazzi in due campionati di fila senza sosta”. E i dati lo confermano: “Degli studi fatti con gli altri sindacati europei mostrano un aumento esponenziale degli infortuni nei grandi club, dovuti all’alto numero di partite e a quelle back to back, ovvero giocate a distanza di pochi giorni. Nelle squadre 8 giocatori si trovano a dover disputare il 50% delle partite, sono sottoposti a un grande sforzo. E spesso sono coloro che garantiscono maggior qualità”. Con una precisazione: “Il prendere stipendi alti non significa che non si debba preservare la loro salute”.
E poi lo spettacolo. La questione è duplice: “Da una parte, trovandosi a dover giocare così tante gare, si abbasserà il livello delle prestazioni dei calciatori. Dall’altra, una sovraesposizione delle competizioni internazionali può creare disinteresse da parte dei tifosi, la cui passione in Europa è radicata nel territorio, e problemi con i diritti televisivi come visto con la Ligue 1 o la nostra Serie B. Sono tutte riflessioni da fare”. Infortuni e business, leghe nazionali e calendari: “Bisogna chiedersi in che direzione si voglia andare. Sono scelte che influenzano il futuro e la vita delle nostre competizioni”.