Dribbling, accelerazioni, giocate funamboliche, come il suo idolo Robinho. Ma anche simpatia, allegria e un elemento che non tutti i giocatori hanno... E' il cuore che ha reso Diego Farias uno dei beniamini della tifoseria del Cagliari. E' l'amore per questa maglia che l'ha spinto, l'estate scorsa, a rimanere in Sardegna e a rinnovare il contratto fino al 2019, nonostante le tante offerte dalla serie A. "Mi sono bastati pochi secondi per trovare l'accordo con il presidente Giulini" disse qualche giorno dopo il rinnovo. E' la sua generosità che lo rende "idolo" .
Farias è un combattente e mette la sua determinazione e il suo dinamismo al servizio dei compagni. Difficile fargli perdere il sorriso, che insieme ai gol, nove, e agli assist, undici, è il suo marchio di fabbrica. Un piacere incontrare l'incubo delle difese della Serie B. "Il piacere è mio" ci tiene a precisare Farias, quasi a rendere questa intervista concessa a GianlucaDiMarzio.com una piacevole chiacchierata. Spesso si dice che i brasiliani hanno il calcio nel sangue, Diego sembra confermare questa teoria: "La mia passione per il pallone è cominciata da piccolissimo. Il primo a credere in me è stato mio padre e mi ha iscritto alla prima scuola calcio quando avevo appena 4 anni (ride, n.d.r.). Da lì è iniziato tutto. Difficoltà? Certamente sì, qualche ostacolo agli inizi c'è stato e mi è anche capitato di chiedermi se magari non fosse stato il caso di fare altro. Tuttavia era il mio sogno, non ho mai mollato e sono arrivato fin qui: questo mi rende ancora più orgoglioso".
Farias è di Sorocaba, comune dello stato di San Paolo, tuttavia i primi calci "seri" al pallone li dà nel Campo Grande, squadra dell'altra grande città del Brasile, Rio De Janeiro. A ispirare le sue giocate uno dei funamboli per eccellenza dell'epoca: "Beh, io sono tifoso del Santos e uno dei giocatori che mi faceva impazzire era Robinho. In quel periodo in Brasile era uno dei giovani emergenti. Adesso non c'è un calciatore che mi piaccia più degli altri". Il "piccolo" Farias, ispirato dal re della "Pedalada" dimostra di saperci fare e il suo talento non passa inosservato. Così, ad appena 15 anni, stacca già il biglietto per l'Europa. Il Chievo non se lo fa scappare e lo inserisce nella sua Primavera: "Una grande gioia ma anche tante difficoltà. Un paese diverso, con tutto ciò che comporta l'adattamento, una lingua nuova. Poi mi mancava la mia famiglia che stava lontano. Devo ammettere che non è stato facile, ma quando desideri fermamente una cosa, nella vita devi anche saper resistere alle difficoltà". Che non hanno certo scoraggiato Diego. Numeri d'alta scuola nella stagione 2007/2008 trascinano la Primavera dei veronesi fino alle semifinali scudetto, perse con il Palermo, futuro campione.
Le prime squadre professionistiche lo adocchiano. Dopo la prima esperienza con i cugini dell'Hellas, dove ci sono anche le prime 3 reti tra i professionisti, il Chievo decide di cederlo al Foggia. Qui Diego incontra il suo mentore, Zeman: "Sì, mi ha sempre apprezzato molto ed è grazie a quell'anno a Foggia che poi sono stato richiesto da società di B e ho fatto il salto. Poi, quando l'anno scorso Zeman è arrivato qui a Cagliari, mi ha rivoluto con sé e mi ha dato la possibilità di mettermi in mostra con continuità anche in Serie A. Sicuramente è uno degli allenatori che più mi ha aiutato nella mia carriera". La doppietta al San Paolo di Napoli e il "coast to coast" con il quale realizza il gol al Franchi di Firenze sono due degli episodi più piacevoli della passata stagione dei rossoblù. Basta un anno a Farias per innamorarsi dei sardi e della Sardegna. Da qui la decisione: "Ho scelto di rinnovare perché mi sento a casa. Non c'era una cosa che non mi piacesse del Cagliari e di Cagliari: qui vivo bene, la decisione è stata facile. Ma soprattutto mi ha spinto il desiderio di tornare a giocare in A con questa maglia. La società ha fatto un grande lavoro, sono arrivati ottimi giocatori, tutti bravi ragazzi. Il gruppo è uno spettacolo, giochiamo bene ed ogni cosa sta andando secondo i piani. Questo è il motivo per cui anche io sto rendendo al meglio: c'è grande affiatamento".
E poi c'è il suo "gemello", Joao Pedro. I loro duetti in campo e fuori sono un leitmotiv di questa stagione 2015-2016. I due sono inseparabili e Joao Pedro non si è voluto perdere neanche questa intervista: "Sì (altra risatina, n.d.r.). In questo anno e mezzo Joao è diventato come un fratello per me. Passiamo spesso il tempo libero assieme, a pranzo, a cena, ovunque. Abbiamo veramente un bel rapporto. Ma devo dire che qui in Sardegna mi sembra di stare in Brasile. A parte il clima, fantastico, le persone, con il loro carattere allegro e affettuoso, ricordano molto i brasiliani. Ripeto, qui mi sento a casa. I tifosi mi trattano benissimo. Ogni volta che esco si avvicinano per incoraggiarmi, mi chiedono foto e autografi. Mi riconoscono e mi fanno sentire il loro calore e questo è importantissimo per me, significa che sto facendo bene, che riconoscono i miei sforzi e il mio impegno per la squadra. Bellissimo". Tempo libero? D'estate c'è spazio solo per un posto: "Beh, sono brasiliano e quando fa caldo è difficile schiodarmi da una spiaggia e qui c'è l'imbarazzo della scelta. Passo il mio tempo libero con la mia famiglia e i miei amici, una serata al cinema, una cena, una passeggiata. Cose semplici. Piatto preferito? (ride ancora) Beh, qui in Italia mi fa impazzire la carbonara".
Obiettivi per il futuro? Facile intuirlo: "Che domande! Voglio tornare in A con il Cagliari e non mi accontento. Perché anche la prossima stagione voglio fare un grande campionato con questa maglia. Poi cosa mi riserverà il futuro non lo so, si vedrà. Però i tifosi devono starci sempre vicino e non devono mai farci mancare il loro affetto, ma su questo non ho dubbi. A fine campionato festeggeremo tutti assieme la realizzazione di questo sogno".