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Data: 20/02/2019 -

Cafeterìa Miranda, il rifugio di Cristiano Ronaldo a Madrid. “Questa è casa sua”

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Siamo stati alla Cafeterìa Miranda, il luogo che custodisce i segreti dei dieci anni di Cristiano Ronaldo a Madrid
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Siamo stati alla Cafeterìa Miranda, il luogo che custodisce i segreti dei dieci anni di Cristiano Ronaldo a Madrid

Puoi vincere cinque palloni d’oro, conquistare qualsiasi trofeo legato al pallone, essere il più seguito del mondo su Instagram e guadagnare decine di milioni di euro ogni stagione.

Se sei un ragazzo venuto da un’isola del Portogallo, cercherai sempre la tua casa. Quella parlata, quei sapori. Cristiano Ronaldo a Madrid li aveva trovati in un posto semplicissimo.

Cafeterìa Miranda, un piccolo bar del quartiere Somosaguas. La sua leggendaria casa alla Finca dista poco più di un chilometro. Zona ricca e tranquilla, lontano dal centro città. Una ventina di chilometri dal Bernabéu. Lì fino a maggio regnava CR7. Ma prima di andare a dominare partite e campionati, Cristiano faceva sempre un salto in questo locale. “Sì, questa era casa sua. Ti faccio vedere dove si metteva sempre”. A parlare, in esclusiva per gianlucadimarzio.com, è Fernando, il proprietario. Miranda è il suo cognome. Viene dal nord del Portogallo. È arrivato a Madrid 32 anni fa, quando Cristiano era ancora a Madeira.






“È una persona straordinaria, di un’umiltà incredibile. La prima a venire qui fu Maria Dolores, sua mamma. Siamo diventati amici e continuiamo a esserlo. Cristiano portava suo figlio alla scuola americana qui dietro e si fermava nel mio bar”.

A parlare del Portogallo e a mangiare qualche volta l’amato baccalà, “il suo piatto preferito, insieme al pollo”. Il locale di Fernando è un museo di magliette regalate dal fenomeno di Madeira. Dietro al bancone invece spiccano i prodotti tipici del Portogallo. “Assaggia questo vino, Cristiano non lo beveva mai. Uno così professionale non l’ho mai visto. Però così è arrivato in cima al mondo. Troppo in alto anche per Florentino Perez”.

Il suo addio al Real fa ancora male. Per amicizia, non per tifo. “Io sostengo ogni squadra in cui gioca Cristiano”. Anche ora? “Certo. Vedi che bella la maglia della Juve qui?”. È in primo piano, appena entri nella caffetteria. Sotto c’è una maglia dell’Atletico Madrid. Sembra messa apposta per la sfida del Wanda, ma non è così. “Me l’ha regalata Silvio, il portoghese che giocò nell’Atletico qualche anno fa. Oggi gioca nella seconda squadra del Braga”.

Gli amici sono amici. E i loro ricordi trovano spazio nella caffeterìa Miranda. Che si chiamino Sílvio o Cristiano, cambia poco. Però il piano inferiore, dove si metteva sempre con amici, familiari e compagni, è il regno del 7. Tredici scalini e una sala densa di ricordi. “Lui, Pepe e Marcelo si sedevano sempre a uno di quei tavoli. Qui nessuno poteva disturbarli”.





A Fernando brillano gli occhi. Un misto di orgoglio e malinconia. Guarda la parete e spunta sempre un aneddoto. “Qui c’è sua mamma quando mi portò la sua prima scarpa d’Oro. Questo è mio figlio con Cristiano...”. Potrebbe continuare per ore, ma al bar arrivano i lavoratori delle case vicine. Mangiano un bocadillo e toman una cerveza. Il dovere chiama e Fernando dietro il banco muove le braccia alla velocità con cui il suo amico fa i doppi passi. Fuori un gruppo di pensionati parla della partita che verrà. Si sincerano che Cristiano stia bene in Italia. Lo chiamano tutti per nome, perché in questo angolo di Madrid è un figlio che ha dovuto lasciare il suo quartiere. Non è certo un espatriato in cerca di fortuna, ma l’affetto non lo decidono i milioni di euro.

In un angolo della veranda c’è Josè Andrade, il marito della mamma di Cristiano. L’altro padre di Ronaldo, dopo la morte di quello biologico. nel 2005. Sta facendo un aperitivo con alcuni amici. È passato a salutare Fernando prima di andare al Wanda. Vedrà la partita dal palco di Jorge Mendes, sua moglie invece la vedrà dal Portogallo. “L’avrei salutata volentieri, me la ricordo quando mi fece andare per la prima volta alla Finca. È lì che conobbi Cristiano, nel 2009. Mi aspettavo di trovare una star, scoprii un amico”. Andrade sorride. Riservato come tutta la sua famiglia, come il suo vecchio lavoro nell’esercito richiedeva. Curava l’erba del giardino di Madeira della casa di Cristiano, ora segue le prodezze del suo figliastro sull’erba di tutto il mondo. E anche quelle del suo nipotino. Fernando gli fa vedere sul telefonino le cifre di Cristiano JR con le giovanili della Juve: 58 gol e 17 assist. “Dici che è già meglio di suo padre?”, chiede Andrade al suo amico. Ridono tutti, ma Fernando invita alla calma. “Vedrete, è un fenomeno”.






Come o forse più del suo amico Cristiano lo dirà solo il tempo. “Ha fatto la storia del Real, se n’è andato perché Florentino non ha saputo essere all’altezza”, riattacca Fernando, che di cognome, oltre a Miranda, fa do Nascimento. “Come Pelè. Ma neanche lui era al livello di Cristiano”. Sorride e indica il muro. La maglia rossa del Portogallo, il numero 7. “Ci ha fatto diventare campioni d’Europa. Ed è sempre rimasto il ragazzo che ho conosciuto nel 2009. Questa è la sua vittoria più grande”.


Al banco chiamano. C’è bisogno di lui. “Questa sera vince la Juve. Cristiano non ha ancora segnato al Wanda. È una buona serata per farlo, no?”.

Andrade e i suoi amici salutano e se ne vanno. A 37 chilometri da qui si terrà una battaglia tra poche ore. Qui a Somosaguas incrociano tutti le dita e aspettano di rivederlo a giugno. Magari contro il Real, nella finale più sognata. Qui tiferanno tutti Cristiano, l’amico di sempre.

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