2012, San Marino-Borgo a Buggiano. Seconda divisione. In campo c'erano entrambi: Gianluca Lapadula, che trascinava a suon di gol (tanti, 24 a fine stagione per la promozione in prima divisione della squadra della piccola Repubblica), e Claudio Santini, attaccante di quel piccolo paese in provincia di Pistoia (famoso più per un film di Pieraccioni che per la storia calcistica) che a fine anno si salvò. E valeva come una vittoria. Due anni di differenza sulla carta di identità, adesso Lapadula, che di anni ne ha 26, gioca nel Milan e nella Nazionale. Ma due stagioni fa era in Lega Pro come Santini (classe '92) adesso. Gianluca allora al Teramo, protagonista di una cavalcata straordinaria e di quella proposta di matrimonio ad Alessia che arrivò a bordocampo durante la festa per la B. Claudio oggi al Pontedera, anche se con Rubina neppure convive e parlare di matrimonio - pero ora - è presto. Anche perché lei ha un altro: “Romeo, il suo cane. Un bel rivale, ma ho preso tutto il pacchetto”, racconta a gianlucadimarzio.com Santini. Che risponde con Kira, la “bastardina di mio nonno che è l’amore della mia vita”. Insomma, una storia a 4. Ma torniamo a Lapadula: “Per me lui è un grande stimolo, un esempio. Come caratteristiche gli somiglio anche. Era un bel giocatore, ma non sembrava uno che potesse arrivare così in alto. Anche lui, come me, è scoppiato in ritardo”. E allora segnatevi il nome: Claudio Santini, non si sa mai. Numero 7, ecco perché dopo la tripletta contro l’Arezzo che ha rilanciato il suo Pontedera in classifica i tifosi hanno lanciato quel CS7 che “mi fa effetto, ma anche tanto piacere. Nella diatriba Messi-Ronaldo non ci entro, ma di Cristiano apprezzo la potenza fisica. Cerco di ispirarmi a lui, in fondo anche io ho dovuto sopperire la mia poca altezza puntando sui muscoli…”. Tripletta contro l’Arezzo (“una bella soddisfazione, vincere contro di loro dopo un periodo negativo era quasi impensabile”), ma niente pasticcini: “Ci avevo pensato, ma è una settimana particolare: giochiamo in Coppa. Magari alla prossima organizzo un rinfresco…”. Scaramanzia permettendo, perché Claudio di riti ne ha “abbastanza, ma non ve li dico”. Neanche uno? “No no, non si sa mai…”. Scaramantico davvero, pure il numero 7 lo ha scelto per questo: “Dall’anno scorso mi ha portato tanta fortuna, sono molto legato ai numeri e spero di giocare sempre con questo”. Da qualche parte, magari, lo avrà pure tatuato. Altra passione: “E se arrivo in doppia cifra… ho un bel progetto in mente. Sul braccio”. E mamma è già preoccupata, perché a Claudio non piacciono le cose semplici. Come a Indiani, un maniaco del pallone ed “una bravissima persona oltre che un allenatore formidabile. E’ forse il più preparato a livello tattico di quelli che ho avuto, lo dimostra anche la sua grande carriera. In allenamento mi sorprende, osserva e segue i movimenti di tutti in campo. I dettagli credo facciano la differenza tra un mediocre ed un grande allenatore”. Chapeau.
Tripletta, obiettivo doppia cifra. Chiamatelo pure bomber, appellativo che ama. Ma “solo in senso calcistico, perché quando faccio gol provo gioie indescrivibili. Per me segnare è la vita, e fuori dal campo non sono proprio un viveur…”. Ragazzo normalissimo, dice lui. Di quelli che “amano uscire con gli amici, ma prima il calcio. Se la partita è andata male non si va da nessuna parte”. Per buona pace anche di Rubina. Al mare preferisce la montagna, alla musica (“Jovanotti, e soprattutto ‘Ciao Mamma’”) preferisce i film. Il preferito? “Il gladiatore”. A Empoli chiamano così Maccarone: “stesso numero, stesso taglio di capelli”, scherza Claudio Santini. Che tra un gol ed un altro si è dedicato pure ai libri. Un bomber… laureato: “In scienze motorie. E’ stato difficile coniugare il tutto soprattutto quando ho giocato tra i professionisti, mentre l'anno scorso che ero sceso in Serie D sono riuscito in un anno a dare tanti esami insieme ad altri due compagni di squadra. Quando mi sono iscritto non sapevo se sarei riuscito ad arrivare in fondo”. E invece… corona di alloro e laurea in tasca. Magari gli servirà per aprire “una palestra con mio fratello”. Per “colpa” sua Claudio ha iniziato a giocare a calcio: “Avevo 5 anni, lui già giocava perché ha tre anni più di me. E se giocava lui, volevo giocare anche io. Ho cominciato sottoetà, poi piano piano mi sono allineato con i coetanei. Lui adesso gioca in Eccellenza, poteva sfondare secondo me. Ma non ha avuto le occasioni giuste”. Claudio invece dalle partitella con il fratello è arrivato alla Fiorentina: tutto il settore giovanile con la maglia viola addosso, uno scudetto Allievi e poco spazio in Primavera. “Ero chiuso dagli stranieri, con Corvino funzionava così. Ed avevo la sfortuna di essere il più duttile per cui non ho mai giocato nel ruolo che volevo, ero il primo che spostavano all’occorrenza. Però i rapporti restano eccome: ho vissuto tante emozioni, sono rimasto legato a Camporese, De Vitis, Piccini. Mi ha scritto pochi giorni fa anche se adesso è al Betis, ieri pure De Vitis mi ha mandato un sms per la tripletta. Fa piacere, è bello avere amici che ti pensano anche se potrebbero snobbarti”. Ma la Fiorentina no, è un capitolo chiuso. Al punto da non tifarla neppure dopo tanti, troppi anni con quella maglia addosso: “Tifo Milan, come papà. E quindi tifo Lapadula”. Claudio si definisce un “sognatore, non mi pongo limiti anche se la vita mi ha fatto capire che è cose vanno fatte passo passo. Fin da quando sono piccolo sogno di fare il calciatore come ogni bambino, non so se è stata perseveranza la mia ma quel sogno non sono riuscito più a togliermelo. Mi sento sempre un bambino di sei anni che vuole raggiungere il suo sogno”. Come Gianluca. E allora chissà che, tra due anni… “Ciao mamma, guarda come mi diverto”.