La leggenda narra che Matt Busby non abbia mai più sorriso dopo il disastro aereo di Monaco. Il peso dei 23 Busby Babes (i bambini di usby, ndr) morti lo ha portato per tutta la vita. In primis era stato lui a premere sulla federazione per far partecipare le squadre inglesi alla neonata Coppa dei Campioni. Sempre Busby va a pressare il pilota a partire nonostante le condizioni pessime. Tutto per evitare la multa dalla First Division per il ritardo alla partita successiva. Da quel giorno ha ricreato il Manchester United più forte di sempre, e comunque non ha mai riso. Immaginiamo però che un sorriso nascosto con Sir Bobby Charlton come centravanti se lo sia fatto.
Il destino al Newcasle e la rifondazione dello United
Tra i sopravvissuti della tragedia bavarese, Charlton era l’unico ancora in vita. Ha sempre portato in alto la bandiera di quella squadra magnifica pre Monaco. La rifondazione del Manchester United è passata dal cervello di Matt Busby e dai piedi di Sir Bobby Charlton. Insieme a lui Denis Law e George Best, in quello che ancora oggi è ricordato come uno dei più belli tridenti offensivi della storia del calcio.
Oltre a un talento di quelli che in Inghilterra ne nascono ogni 100 anni, lo ha contraddistinto sempre una cosa: l’amore per il Manchester United. Facile averlo negli ultimi vent’anni. Ma immaginatevi un ragazzino degli anni ’50, che come unico svago ha tirare calci a un pallone e veder vincere tutte tranne che i Red Devils. Il capo degli osservatori del Manchester United, Joe Armstrong, pescato dalle sapienti mani di Busby e Jimmy Murphy, lo va a pescare ad Ashington, nel nord-est dell’Inghilterra. Inusuale per lui che nella periferia di Manchester ne trovava decine. Ma per quel Charlton ne valeva la pena. Il suo sangue però era quello dei Milburn, la dinastia più famosa del calcio inglese: ben 5 suoi zii hanno giocato nell’allora First Division (attuale Premier League). Il più celebre è Jackie Milburn, leggenda del Newcastle degli anni ’30 che insieme a Robledo ha formato una delle coppie d’attacco più prolifiche di sempre. La mamma di Bobby è la sorella di Jackie. Il destino con i Geordies era spianato, anche perché ad Ashington tifano tutti Newcastle. Ma l’influenza di Matt Busby ebbe la meglio.
Il segno di Bobby Charlton
L’allenatore all'epoca era il massimo interprete del calcio in Scozia, insieme a Denis Law. Eppure aveva così tanto in comune con l’esponente per eccellenza del calcio inglese, Bobby Charlton. Tutti e due grandi campioni di umiltà. D’altronde dovevano compensare George Best. Resta con la maglia rossa per 20 anni tra vivaio e prima squadra, dal ’53 al ’73. Tanti, ma se in mezzo non fai niente non lasci il segno. Di certo non è quello successo a Sir Bobby Charlton. Non tanto per il Mondiale del ’66, nemmeno per il Pallone d’Oro dello stesso anno e né per la Coppa dei Campioni del ’68. Più per la memoria comune.
Sir Bobby Charlton e l'influenza sui Beckham
L’esempio è il padre di David Beckham, Ted. Nel documentario uscito su Netflix, ha rivelato quanto volesse che suo figlio giocasse con il Manchester United. Quasi un’ossessione. La stessa che ha avuto per Sir Bobby Charlton. Tant’è che il nome completo di Beckham è David Robert Joseph, con il secondo nome in omaggio all’ex attaccante dei Red Devils.
Per causa di forze maggiore, ora un pezzo di quello United delle meraviglie si è riunito.