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Data: 05/02/2017 -

Bernardeschi: "Da piccolo tifavo Milan. Mercato? Il mio amore per la Fiorentina conterà. Europa? Ci credo"

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Amore puro, vero. Che nel futuro farà sentire il suo peso. Federico Bernardeschi è davvero innamorato della sua Fiorentina, e non ne fa mistero. Intervistato da La Gazzetta dello Sport, il campione della Viola ha raccontato la sua passione per Firenze e per la maglia che indossa da quando aveva 12 anni. In attesa di capire cosa riserverà il futuro, Bernardeschi è chiaro: "Questa Fiorentina è frutto del bel lavoro che c'è dietro e che, di solito e forse purtroppo, si apprezza solo alla fine. Attorno a noi e tanti altri giovani c'è un progetto ed è questo che fa la differenza. E' giusto che una società debba difendere sempre i propri talenti. Mi sento davvero fiorentino, perché sono arrivato a Firenze che avevo 12 anni: ho giocato nelle giovanili e sono arrivato fino alla prima squadra e questo è qualcosa che mi porterò dietro per sempre. Mi sento legato alla Fiorentina, credo che sia giusto e ne sono persino orgoglioso. Se dovesse presentarsi l'interesse di un altro club, l'amore per la maglia viola, sulla bilancia, peserà eccome". Ovviamente il mercato non può che essere oggetto di discussione: "Io sono abituato a stare zitto e a lavorare. Quando un ostacolo ti si mette nel mezzo, intralciandoti la strada, vuol dire che va bene. Se non hai mai nessun intoppo significa che sei appagato, per certi versi persino morto".

Poi, un curioso particolare: "Da bambino tifavo Milan, quegli erano gli anni d'oro dei rossoneri. Come ho cominciato a capire che questa poteva diventare davvero la mia professione ho messo da parte tutto: per un professionista il tifo non esiste. La mia prima squadra è stata l'Atletico Carrara, dai 4 ai 7 anni. Poi sono passato all'Empoli: in quegli anni, tra i dirigenti azzurri c'erano Niccolini e Cappelletti che poi ho ritrovato qui. Siccome l'Empoli non aveva la squadra per la mia categoria, passai al Panzano, società affiliata. A 10 anni sono arrivato a Firenze: mi ha preso il direttore Leonardi. Ho avuto Gabbanini, che oggi allena i Giovanissimi Nazionali, Semplici, Guerri, Sarti e qualche volta Buso. Quando ero giovane il campione della Viola che mi piaceva di più era Mutu. Era il più rappresentativo di quella Fiorentina e, quando ho avuto modo di conoscerlo, anche dopo il suo addio alla Fiorentina, ho incontrato una persona straordinaria, bravissimo. In campo me lo ricordo ancora, lavorava come un matto".

Bernardeschi, quindi, racconta il rapporto con Montella, suo ex allenatore alla Fiorentina, e Paulo Sousa: "Un buon rapporto, per certi versi tradizionale, di quelli allenatore-giocatore. Mi vedeva molto giovane, e non aveva poi torto perché, in fondo, lo ero, e non abbiamo stretto un legame dal punto di vista umano. C'è sempre stata, però, stima reciproca. Ha usato, come era giusto facesse, il bastone e la carota, che poi è quello che ci vuole sempre coi giovani. Mi ha aiutato a crescere sotto il profilo umano e professionale, lo ringrazierò sempre. Bello, non diviso, ricco di qualità umane. Dobbiamo solo renderci conto della nostra propria forza, è questo l'ultimo step che dobbiamo fare. A volte, invece, ci smarriamo. Ma è quando vinci soffrendo che l'autostima deve aumentare. Europa? Ci credo io e ci crediamo tutti".

Per chiudere, il talento della Fiorentina parla di alcuni campioni della Serie A e delle possibili prospettive future della sua carriera: "Se penso alla Juve penso a Buffon, campione che non ti aspetti, perché si mette subito al tuo stesso livello. La Roma è Totti, uno che non ha limiti. Definirei il Napoli con 'gioco', il Milan con 'Rivoluzione'. In Europa mi piacerebbe incontrare il Manchester United. Mi piace il calcio, ma non in Cina. Per me è ancora presto pensare ad una soluzione simile, poi magari quando sarò vecchio chissà se sarà ancora così".



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