Bologna-Parma. Una partita affascinante. Un derby sentito e un'atmosfera, quella del Dall'Ara, a fare da cornice a una gara speciale. Da una parte l'entusiasmo di una città tornata a giocare la Champions League a distanza di 60 anni. Dall'altra l'entusiasmo di una piazza che ha ancora negli occhi la straordinaria cavalcata della promozione dalla Serie B. A tutto ci vanno aggiunte le sensazioni, il momento e la condizione delle due formazioni. Meglio lato rossoblù, alla luce della prestazione di Liverpool, ma nonostante questo la filosofia di Pecchia non cambia: "Vogliamo tenere fede alla nostra identità". Da un presente tutto da scrivere ai fasti del passato: due squadre gloriose e ricche di storia, ma anche di aneddoti particolari riguardanti il mercato. E uno di questi ha come protagonista proprio Roberto Baggio.
Baggio, il Parma e quel 'no' di Ancelotti
Già, proprio il Divin Codino, soprannome utilizzato da tutti per indicare uno dei numeri 10 più forti della storia italiana. Garanzia di qualità calcistica dell'Italia nel Mondo che ai tempi ha incantato le platee degli stadi in Serie A. Ma cosa lega Baggio a Parma e Bologna. Beh con la maglia dei rossoblù ha giocato per una stagione (1997-98): 30 presenze e 22 gol segnati nel massimo campionato. Mentre quella gialloblù l'ha 'vestita', almeno nell'ideologia, soltanto per una notte.
Il Parma e il Milan avevano trovato l'accordo nell'estate del 1997: Tanzi ha chiamato Berlusconi e Galliani; 3,5 miliardi di lire ai rossoneri e la trattativa portata a termine in maniera repentina. Una giornata particolare, la voglia di portare in Emilia un giocatore importante senza, però, fare i conti con le idee di Ancelotti; allora legato al 4-4-2 senza fantasista ovvero quel classico numero 10 a fluttuare tra le linee. Una nottata particolare così come la mattina del giorno seguente con la chiamata di Galliani all'entourage del calciatore per confermare la rinuncia da parte del Parma. Una settimana più tardi, anzi nove giorni per la precisione, è arrivata la firma con il Bologna, per trovare continuità in vista del Mondiale del 1998. A tutto c'è una spiegazione e a distanza di anni è arrivata proprio dall'allenatore del Real Madrid.
Parma-Baggio, il 'mea culpa' di Ancelotti
"Avevo un sistema che ho imparato al Milan da Arrigo Sacchi. Era il 4-4-2. E per questo ho rifiutato Roberto Baggio al Parma perché voleva giocare da numero 10. Ho detto: 'No, non gioco con il 10'. All'epoca era uno dei migliori del mondo e l'ho rifiutato perché volevo giocare con due attaccanti. È stato un errore" ha detto proprio Carlo Ancelotti in una recente intervista al Times. Una situazione che, nel corso della sua carriera, è poi mutata.
Capire i propri 'errori' è il primo passo per migliorare. Carlo Ancelotti in questo si è dimostrato allenatore intelligente, ma lo è sempre stato, perché da quel 'no' a Roberto Baggio ha poi iniziato a strutturare il suo modo di giocare legandolo più alle caratteristiche dei giocatori piuttosto che a un modulo predefinito. Il Milan con Kakà o, guardando più all'attualità, il Real Madrid con Bellingham ne sono la dimostrazione lampante.