Sette come le meraviglie del mondo, sette come come le lettere del suo nome. Si scrive Ronaldo, si pronuncia magia. Di quella pura, che fa sognare, che fa stropicciare gli occhi. Campione? Di più. Leggenda? Non basta. Fenomeno? Sì, adesso ci siamo: decisamente. Ripercorrere la sua carriera ci toglierebbe originalità, per quello c'è il web e il tasto 'search' di Google. Basta scrivere Ronaldo e il gioco è fatto. Oggi, nel giorno del suo 40esimo compleanno, vogliamo andare oltre, focalizzandoci su quel nome che ha fatto sognare grandi e piccini. Cuore in gola, occhi ben aperti e via per questo fantastico viaggio!
R come ROMARIOParliamo di Ronaldo e alla prima lettera compare Romario? Tranquilli, non c'è nessun errore. E' il 1993 e un giovanissimo Luis incanta già il Brasile. Esordio in Nazionale e subito la convocazione per i Mondiali del '94, vinti senza però mai entrare in campo. L'esperienza americana fa nascere l'amicizia tra Ronaldo e Romario. Il Psv Eindhoven bussa alla porta, a chi chiedere informazioni se non al nuovo e navigato amico... “Cosa c’è a Eindhoven?” “Il freddo” “E poi?” “La Phillips” “E poi?” “Basta”.
Ronaldo si convince e vola in Europa. Il freddo? Niente paura, dieci calzettoni indossati ad ogni allenamento e il gioco è fatto. La saudade? Nessun problema, arriva mamma Sonia per farlo sentire a casa. Due anni e Ronaldo è già una star, il salto a Barcellona certifica la sua esplosione. O come O Fenomeno... e tutti gli altri soprannomi'Hai visto che gol ha fatto Ronaldo? No, ma non Cristiano... Ronaldo quello vero, Ronaldo il Fenomeno". Storia di qualche anno fa, prima del suo ritiro datato giugno 2011. Bastano quelle 8 lettere per indicarlo, niente più. Sicuri? Noi non lo saremmo così tanto, perchè Ronaldo non è stato solo 'O Fenomeno'. In un Barcellona-Valencia del '96, Jorge Valdano lo paragonò ad una 'mandria di cavalli', ammirando la sua sconvolgente partita terminata con una tripletta. “Mentre gli altri si allenavano, lui poteva stare steso a mangiare brioches. Era Ronaldo, non aveva bisogno di allenarsi”. Le semplici parole di Vieri. Era Ronaldo, punto! Gli anni, gli infortuni e l'età, poi, lo trasformano in 'Gordo', il ciccione. Ma questa è un'altra storia. La chiosa di Costacurta mette fine alla questione 'era ossessionante, davvero immarcabile. E lo dice uno che ha marcato Maradona...'
N come Novantasei, 12 ottobre 1996
Stadio di Compostela, i padroni di casa affrontano il Barcellona. Al minuto 35, Ronaldo si impossessa della palla e inizia il suo show. Resiste ad una carica, ad un'altra. Che forza della natura. Poi è solo progressione fino al gol. Bellissimo. Bobby Robson, il suo allenatore, ha le mani nei capelli: “come è possibile fare una cosa del genere?”. Non ci credete? E date un'occhiata qui
A come After RonaldoIn pochi anni, Ronaldo diventa leggenda. La Nike lo sceglie come testimonial delle proprie campagne, facendo del 'Fenomeno' il proprio principale uomo marketing. Al momento del suo ritiro, in un momento di autocoscienza, l'azienda americana dedica l'ennesimo spot al campione brasiliano, enfatizzando le differenze a livello di immaginario e di ecosistema mediatico/sportivo – tra il calcio “B.R.” (Before Ronaldo) e quello “A.R.” (After Ronaldo) Non lo avete mai visto? Gustatevelo tutto d'un fiato qui...
L come Locomotiva umanaNon è un soprannome, ma una semplice impressione. Raccontata da Cesare Alemanni nel suo libro Ultimo Uomo. Un racconto strabiliante, utile per capire come Ronaldo fosse davvero 10 anni avanti a tutti, anche alla... fotografia. "La prima volta che vidi Ronaldo fu sulla pagina che il Guerin dedicava ai “nuovi talenti” internazionali. La fotografia non si lasciava ignorare facilmente. L’immagine lo mostrava in progressione, la palla al piede e la maglia a righe bianche e rosse del PSV Eindhoven indosso, la sua prima squadra europea. C’era qualcosa di inspiegabile, di perturbante in senso freudiano al suo interno. O il fotografo aveva scelto per sbaglio un tempo di esposizione troppo lungo, finendo col catturare scie "fantasmatiche" di movimento oppure il soggetto stava “viaggiando” a una velocità inaudita per un giocatore di calcio. Non avevo mai visto prima – considerate che parliamo di venti anni fa – una fotografia così tanto dinamica di un calciatore. Nella prima foto che vidi di lui, Ronaldo sembrava una locomotiva umana".
D come DADADOAbbiamo parlato di 'Fenomeno', ma non possiamo dimenticarci di 'Dadado'. Troppo difficile per i bimbi brasiliani pronunciare Ronaldo (nome che viene dal dottore che lo fece nascere) allora per tutti, quel piccolo bimbo diventa 'Dadado'. Inizialmente vuole fare il portiere, ma corre troppo veloce per stare fermo lì dietro. Lo spostano avanti, e sai che goduria. A 13 anni il Flamengo lo chiama per un provino. Mamma Sonia lo veste di tutto punto, gli mette al polso l'orologio buono e, dopo un bacio in fronte, lo saluta. Il provino è superato, ma la società non può pagargli il biglietto del treno o degli autobus per raggiungere ogni giorno il campo. Come se non bastasse, due teppisti gli rubano l'orologio. Dadado piange ma non demorde. Il Cruzeiro lo nota e lo tessera. Valigie in mano e via a Belo Horizonte, 600 km da casa. La strada per il successo inizia così, tanti sogni in testa e un apparecchio tra i denti che mamma Sonia riesce finalmente a comprargli.
O come ORE le 14 del 12 Luglio 1998 a ParigiStade de France di Saint-Denis. E' la finale del Mondiale. Di fronte Zidane contro Ronaldo, Francia contro Brasile. Il Fenomeno, però, non sta bene. Cade dal letto, ha le convulsioni, proprio adesso, nel momento meno opportuno. Muscoli che fanno male, testa pesante ma sguardo di ghiaccio "Mister, io gioco". Il 3-0 finale non lascia dubbi, Ronaldo è un fantasma e, al ritorno in Brasile, quasi cade dalle scale dell'aereo. Un incidente di percorso, un malore improvviso, chi lo sa. Fatto sta che quattro anni dopo, il 'Fenomeno' quel Mondiale se lo riprende dominando in Corea. A distanza di 14 anni, siamo qui ancora ad esaltarlo.
Tanti Auguri Fenomeno, come te nessuno mai!