Un mese di silenzio. Da quel 28 maggio, dall’ultimo rigore che ha dato la vittoria al Real Madrid, Diego Simeone si era tenuto alla larga dai microfoni. Oggi è tornato a parlare nella sua terra natale, l’Argentina, per presentare il suo nuovo libro: “Credere: la sfida di migliorarsi sempre”. E’ tornato su quella maledetta finale, con la calma che mancava allora: “Dopo la finale ho parlato a caldo, senza riflettere – ha dichiarato il ‘Cholo’ secondo quanto riportato da ‘As'– noi argentini siamo fatti così. L’avversario non ha la colpa di averti battuto, ma questo l’ho capito solo con il tempo. Convivere con il dolore e con la sofferenza è necessario per migliorarti”. Nonostante la sconfitta, Simeone ha solo parole di encomio per la sua squadra: “Si è creato un gruppo molto forte, ma a questa squadra manca un po’ di talento – prosegue l’allenatore – deve incorporare ciò che la renderebbe completa. In ogni caso, non ci sono squadre migliori dell’Atletico”. Dopo aver chiuso il capitolo Champions League, Simeone rivela un po’ di retroscena sul suo libro: “Sono mie riflessioni, sul calcio e sulla vita. L’Argentina rappresenta le mie radici, il mio posto nel mondo – conclude Simeone – per raggiungere gli obiettivi servono pazienza e perseveranza, per imparare è necessario ascoltare e guardarsi intorno. Essere un leader vuol dire saper convivere, dare opportunità, crescere: se c’è da dire qualcosa lo si fa subito, perché quel momento non torna indietro. Una decisione presa, è difficile da far tornare indietro”. Infine, un aneddoto sulla sua infanzia: “Quando avevo 5 anni mio padre mi regalò un forte con soldati e indiani e preparava la partita; era la Play Station di una volta. Vinceva sempre 1-0, di misura come piace a me. A calcio si gioca anche senza il pallone”.