Mille domande sul perché di una situazione tanto complicata e bloccata per nessuna risposta. Ora più che mai, forse, nonché gara dopo gara: perchè anche ritornare in luoghi indimenticati o indimenticabili, in special modo riappellandosi ai due grandi successi in Champions ottenuti tra il 1994 e il 2007, non ha portato ad alcuna riacquisizione di una motivazione quantomai speciale. Si è parlato a lungo del ritorno del Milan ad Atene, rievocando il passato e ricercando, inevitabilmente, una reazione rossonera in un periodo da dimenticare: “luogo del delitto” perfetto in cui tentare di rialzare la testa e in cui invece, per l’ennesima volta, la squadra di Vincenzo Montella è apparsa incapace di replicare a chi del Milan ricorda sempre più, ora, soltanto il nome.
La matematica non è né potrà essere mai un’opinione, tantomeno nella trasferta greca rossonera: perchè se per Platone “Dio geometrizza sempre”, regalando ad una città meravigliosamente capace di mischiare l’antichità la volontà di spingersi verso opere (per esempio calcistiche) un po’ più moderne, il Milan ha dimostrato tutt’altra predisposizione ad aprirsi ad una miglior versione. Un dato su tutti: 43 minuti e 30 secondi prima dell’unico (e nemmeno troppo convinto) tiro verso la porta di Anestis, con una conclusione di Bonucci terminata altissima sopra la traversa. Il resto è tutto descrivibile in un rettangolo, a proposito di forme geometriche: area di rigore mai toccata con la sfera tra i piedi in tutto il primo tempo, per un dato davvero oltre il limite del negativo.
Illusione: dieci minuti più convinti nella ripresa, con l’occasione più ghiotta nel palo colto da Montolivo, poi poco più. E riecco tornare prepotentemente d’attualità l’argomento scientifico: 0 gol in due gare contro la squadra di Jímenez, 8 punti in 4 partite in un girone abbordabile (con discorso qualificazione non ancora chiuso) e rete trovata in sole 3 occasioni nelle ultime 9 sfide giocate; senza contare un triangolo offensivo privo di pericolosità, con Calhanoglu ancora molto in ombra, e linee avanzate troppo parallele rispetto a quelle avversarie, prive della convinzione di incontrarsi, incrociarsi e creare pericoli.
Da Milano ad Atene insomma, o dalla Serie A all’Europa League, la situazione in casa Milan sembra non cambiare mai. Tra una dirigenza sì paziente per gli ostacoli maturati nel nuovo corso, ma ora inevitabilmente pronta a richiedere concretezza e risultati, e una squadra ancora troppo inconcludente, la stagione rossonera sembra sempre più delinearsi in maniera contraria rispetto alle aspettative: nemmeno Atene e la bolgia dello “Spyros Louis”, con il solo Storari superstite di quell’ultimo, grande successo europeo, ha saputo ridare carica ad una squadra spenta, attesa ora da una trasferta che ha già rappresentato il capolinea (immediato o virtuale) per molte panchine rossonere in passato. Da Allegri a Inzaghi, passando per Mihajlović, con Montella unico superstite milanista di fronte allo spettro neroverde: domenica, a Sassuolo, per lui sarà probabilmente davvero ultima spiaggia. Perché il panta rei in casa Milan, sino a questo momento, è stato davvero tutt’altro che fluido. E le mille domande sul difficile stato rossonero non hanno ancora mai trovato una vera e propria risposta.