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Data: 08/09/2017 -

Palomino, tra l'impatto con l'Atalanta e i ricordi del primo Simeone come allenatore: "Voleva tutto ciò che avevi dentro"

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Due presenze da titolare in altrettante gare per inaugurare con il botto la sua nuova avventura nerazzurra, in un importante step arrivato dopo le parentesi europee tra Metz e Ludogorets. José Luis Palomino è il nuovo volto difensivo dell'Atalanta di Gian Piero Gasperini, schierato subito in una difesa a 3 mai sperimentata dal centrale argentino sino a quel momento ma mai ritenuta un "problema", come ammesso dal calciatore stesso in un'intervista concessa a La Gazzetta dello Sport: "Sono un centrale mancino. Ho sempre giocato così in una difesa a 4. Sin dall’esordio al San Lorenzo, quando il Cholo Simeone mi lanciò. Non aver mai giocato in una difesa a tre non mi spaventava, il nostro allenatore è molto bravo sia nella preparazione sia nella spiegazione di movimenti e partite. Ho capito subito che cosa dovevo fare, il resto è merito della squadra: il centrocampo copre e ci aiuta. Fermare Dzeko? Non studio i rivali. Mi faccio bastare le immagini nella riunione tecnica e le indicazioni dell’allenatore. Una volta ho voluto esagerare, ho visto le immagini di un attaccante, l’ho studiato… Forse mi ha influenzato: la domenica ne ho presi tre. Quindi vado a sensazione. Ho le istruzioni del mio allenatore e il resto lo fa l’istinto, studio il mio avversario nei primi due minuti, cerco di prendergli le misure e basta: non ho paura del tackle, ma so che l’anticipo è spesso la cosa migliore per la mia squadra perché può consentirci di ripartire subito all’attacco".

Spazio al primo impatto con il suo nuovo club e con Bergamo: "E' una squadra giovane, un gruppo giovane ma aggredisce il campo, ci prova sempre. Ho avuto un primo contatto in aprile, mi sono interessato. Così ho capito cosa stava succedendo qui. Che campionato importante, che risultati… Ho scoperto il club, la storia, le scelte. Poi è stato facile trovare un accordo. La città mi piace tanto, ho preso casa a Bergamo con la mia fidanzata, Juline. Adoro la Città Alta, la sua struttura, le strade, gli angoli. E’ bella e pulita. La gente? Calda, simpatica, aperta. Mi hanno accolto al meglio. Al resto pensa il Papu Gomez, che mi aiuta tanto...". Una curiosità sull'alimentazione, poi: "Mangio un po’ di pasta e adoro le zuppe. Pollo e manzo quanto serve, ma qui con la squadra, perché a casa il menù è vegetariano: Juline da anni mangia così. E non fatico. Mi adatto anche quando torno a casa, in Argentina. Lì il barbecue è sempre acceso. E si mangia solo carne, asado ogni giorno… Non puoi evitarlo e non voglio. Quando torno a casa, dove vivono i miei genitori e i miei 5 fratelli ritrovo una parte di me, ricomincio anche a parlare con l’accento tucumano che perdo già quando mi sposto a Buenos Aires, lì sono porteno… e quando giro l’Europa cambio ancora…».

Infine Simeone e famiglia, tra ricordi e insegnamenti: "Ho un ricordo bellissimo. Era il primo argentino a usare metodi europei. Allenamenti brevi, spesso di una sola ora, ma intensi. Ti chiedeva il massimo impegno in ogni esercizio, controllava e voleva tutto quello che avevi dentro. Ero giovane, ma è stata una grande esperienza. Peccato aver lavorato poco con lui. Qui in Italia si lavora duro. Molto più che in Bulgaria o Francia. E mi piace. Solo così potremo essere pronti per una stagione difficile tra campionato ed Europa. Contro Roma e Napoli abbiamo fatto bene, faremo meglio perché ci servono i risultati. Li voglio, come voglio migliorare ogni giorno: è tra le cose che mi ha insegnato la famiglia." Un po' come la responsabilità, da venditore di panini fuori dallo stadio a consegnatore di frutta, fino a diventare calciatore: "Ho fatto quello che dovevo, poi quando ho potuto sono diventato calciatore, ho realizzato il sogno. Cosa mi resta? So che ci sono momenti positivi e meno, ma so che dopo ogni momento no c’è sempre quello felice".



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