L'Atalanta vola grazie al "mago" Gian Piero Gasperini. Stagione della rivincita per l'allenatore torinese che si è raccontato attraverso le pagine del Corriere della sera. Si parte proprio dal "miracolo" Atalanta, con i bergamaschi quinti a lottare per un posto in Europa con legrandi:
"Ho avviato una svolta. Ma ho solo seguito le indicazioni del presidente. Un’Atalanta molto legata al settore giovanile e al territorio, simbolo di una città e di una grande provincia. Hanno evocato l’Athletic Bilbao. Ci può stare, anche se le istanze di base sono molto diverse. Dopo Genova volevo fermarmi un po’. Poi ho capito che il destino mio e quello dell’Atalanta erano fatti per unirsi. È stato un avvio difficile. Io pensavo già di lanciare i nostri giovani, ipotizzavo però una transizione soft. Le difficoltà hanno accelerato i tempi e generato la sterzata decisiva. E' una lezione non solo per il calcio. In Italia si tarpano troppo le ali ai giovani, come se noi seniores non sbagliassimo mai... Forse la generazione dei padri dovrebbe farsi delle domande".
Sul trasferimento di Gagliardini all'Inter: "Me lo auguravo: ha avuto un’evoluzione fantastica e quando l’ha cercato l’Inter ormai aveva rotto gli argini... Io gli ho detto: “vai e non giocare da ragazzo, abbi poca riverenza, è una piazza che non perdona”. L’ha fatto. Poi, chiaro, per sfondare bisogna avere i grandi mezzi tecnici che ha lui. Sì. Infatti speravo rimanesse altri sei mesi proprio per compiere l’ultimo step: il gol. Ha le caratteristiche per farne tanti". Avventura milanese non felicissima: "Dovesse mai ricapitarmi, farei in un altro modo. Forse non ero pronto. Sa, io non sono mai stato un tecnico normale: le mie idee e il mio modo di allenare sono sempre stati borderline, fuori dal comune. Una fortuna se le cose vanno bene, un problema se vanno male. L’Inter era in una fase difficile, ho un sacco di attenuanti. Ma, considerando com’ero solo, avrei potuto essere diverso. Sono stato troppo accomodante, pensavo di potere conquistare l’ambiente strada facendo. Invece dovevo entrare forte, senza compromessi: o spacchi o vieni spaccato".
Principale problema spogliatoio o proprietà? Sicura la risposta di Gasperini: "La proprietà. Forse non sono stato persuasivo. La questione della difesa a tre, per esempio: sapevano prima di prendermi come giocavo, no? E poi ho avuto davvero in mano la squadra 15 giorni. Mai visto nessuno durare così poco. Paura di chiudere la carriera dopo l'Inter? Sì, perché quando cadi dall’alto ti fai molto male. Per fortuna c’era Genova... Al Genoa avevo ottenuto risultati fantastici e avevo molto credito: è stato naturale tornarci. Poi però, visto che si vive di etichette, hanno detto che sapevo allenare solo lì. Ringrazio Bergamo che mi ha sdoganato dal luogo comune. Roma? Sinceramente: io qui sto benissimo, sono totalmente dentro il progetto, ho superato anche la saudade del mare... Estero? Una volta avrei cambiato solo per la Premier. Ma alla mia età non conta il denaro bensì la qualità di vita e del lavoro in campo, la cosa che amo di più".
Sorprese bergamasche : "Il secondo tempo con la Roma: calcio eccezionale. E poi Gomez: era già forte, ora è molto forte. Ho pure pensato di usarlo da centravanti come Mertens, poi è esploso Petagna. Ma il Papu deve fare gol, glielo dico sempre: “stai vicino all’area e vedrai che segni” ". L'idea per il futuro: "Bisognerebbe fare un campionato europeo tra le migliori di ogni Paese e le altre nei campionati nazionali. Così non ha più senso. La disparità economica è enorme, superiore al passato. Pensi un po’: Inter e Juve arrivano, ci tolgono i migliori e si sistemano, noi ci indeboliamo. Come competere? La prima che fa 100 punti e le ultime tre così in basso non sono un bene per nessuno".
In chiusura d'intervista Gasperini parla dell'obiettivo dell'Atalanta: "Noi lì in alto non c’entriamo niente. Però, vinto lo scudetto della salvezza, ci proviamo. La strada è lunga e le avversarie credo si aspettino un nostro calo. E se invece a calare fossero loro".