Nell'occhio del ciclone. In un modo o nell'altro, al di là di miracoli o partite da saracinesca, il ruolo del portiere porta spesso la critica a mettere nel mirino l'operato di molti numeri uno di fronte a qualche indecisione, più o meno grande: destino comune che ha investito anche Gigio Donnarumma, per alcuni non reattivo al 100% sui gol subiti dal suo Milan dal Napoli al "San Paolo", e Robin Olsen, apparso ai più indeciso in un paio di circostanze nelle sue due prime gare da portiere della Roma. A parlare del difficile compito dei due, in vista della gara di venerdì a San Siro tra rossoneri e giallorossi, è stato Francesco Antonioli, grande doppio ex di turno spesso finito sotto diversi processi.
"Vocazione masochistica nei portieri? Masochistica no, ma certo è una vocazione. Quando scegli però non ci pensi, vengono fuori dopo. In certe piazze c’è tanto da portare sulle spalle" - racconta l'ex numero uno ai microfoni de "La Gazzetta dello Sport, soffermandosi poi su Donnarumma. "Gigio è un ragazzo di 19 anni che può avere delle difficoltà, ma ha delle doti incredibili. Occorre lasciarlo crescere, anche lasciarlo anche sbagliare. Poi eventualmente toccherà all’allenatore decidere se sia meglio fermarlo per un po’ o meno. Per ora non sta riuscendo a esprimere il suo potenziale. Tecnicamente, a volte potrebbe impostare la parata in un altro modo, magari spinge troppo anche con la palla vicina tendendo così più a respingere, però si vede che con Fiori, il nuovo preparatore, sta cambiando qualcosa, anche se occorre tempo per meccanizzare i movimenti".
E la concorrenza di Reina può fungere da stimolo: "Troppi elogi a inizio carriera? Quello sì, ma è un difetto dell’Italia. Il primo giovane che fa delle partite fatte bene, diventa il nuovo Buffon. Di sicuro a 16 anni ha mostrato peculiarità importanti. Secondo me adesso paga anche tutte le polemiche dell’anno scorso sul rinnovo. Reina "secondo ingombrante"? No, anzi. A me la concorrenza di uno bravo mi è sempre piaciuta, perché ogni partita alla fine è un esame per noi. Siamo sempre sulla graticola. E Mancini per me non avrà problemi: finita l’era di un monumento come Buffon, ci può essere anche l’alternanza in porta a seconda della forma".
Un giudizio poi su Olsen: "Mi sembra un buon portiere, ma è difficile raccogliere l’eredità di uno come Alisson. Tutti si aspettano la stessa cosa, ma hanno caratteristiche differenti. Per me migliorerà molto col fatto che si può allenare con un preparatore come Savorani; noi in Italia siamo molto fissati per la tecnica. Dovrà acquisire nuovi movimenti. Bisognerà vedere che voglia avrà di crescere e quanto tempo ci impiegherà. Si dovrà avere pazienza. Alisson ha fatto bene l’anno scorso, ma prima faceva il secondo. Evidentemente a lavorare con i preparatori italiani si cresce. La decisione di vendere il brasiliano a cifre alte? A meno che tu non sia il Psg, secondo me sì. Ci sono portieri che possono sostituire Alisson. Da me (Batman) a Robin (Olsen)? Un po' strano per la Roma, ma speriamo che faccia cose importanti anche lui".
Milan o Roma: dove è più complesso giocare, secondo Antonioli? "Forse a Roma sono meno equilibrati sui risultati: se vai bene per qualche partita vinci lo scudetto. A Milano invece sono più equilibrati, probabilmente perché sono più abituati a vincere. Per quanto riguarda la mia carriera, sono molto realista: evidentemente doveva andare così. Ho avuto due gravi infortuni, il primo dei quali a 21 anni, quando la mia carriera decollava. Ma ho sempre scelto io quello che volevo fare e quindi mi ritengo fortunato. La difesa di Totti dalle critiche nel 2001? La ricordo, certo: anche in quel caso le critiche furono eccessive. Ero dispiaciuto perché a volte mi parevano gratuite, ma ero tranquillo perché lavoravo bene".
E per quanto riguarda venerdì, come andrà a finire il match di S.Siro? "Sono sentimentalmente più legato alla Roma, perché ho vissuto da protagonista l’anno dello scudetto. Per la sfida di venerdì metto le due squadre sullo stesso piano. sarà una bella partita, con due bravi tecnici in panchina. Di Francesco, poi, era già un mezzo allenatore anche quando giocavamo insieme. Higuain o Dzeko. Impossibile dire chi tema di più: l’argentino sembra più implacabile, ma mi pare che anche l’altro ormai faccia cose straordinarie, come il gol al Torino".