La grande storia fra Gabriele Ambrosetti – detto Lele – e la Premier League inizia nell’estate del 1999. Ambrosetti ha stupito tutti con la maglia del Vicenza, e l’allora manager del Chelsea Gianluca Vialli lo vuole fortemente con sé. Le aspettative sono davvero alte, e Vialli lo battezza come “il Giggs italiano”. Non va benissimo, e dopo un anno e mezzo soltanto rientra in Italia in prestito con la maglia prima del Piacenza e poi del Vicenza, per poi far rientro di nuovo al Chelsea dove però non vede mai il campo. 13 anni dopo, le strade di Lele e della Premier si sono incrociate di nuovo. È il 17 gennaio quando diventa il vice di Guidolin sulla panchina dello Swansea. “È successo tutto nel giro di 24 ore – ci racconta lo stesso Ambrosetti -: mi ha chiamato il sabato e la domenica eravamo già partiti. Non c’era neanche il tempo per discutere, ma non mi è importato. Io per come sono fatto non inseguo sogni assurdi, la cosa più importante sono le persone. È stato facile fidarsi di questa proposta, sono stato un giocatore di Guidolin e lui mi conosce bene, sa quello che gli posso dare”. Già, perché l’allenatore di quel Vicenza capace di arrivare in semifinale di Coppa delle Coppe era proprio Guidolin.
Da lì è nato un rapporto che è continuato fino ad ora, e che ha portato Ambrosetti a sedersi in panchina accanto all’ex tecnico dell’Udinese. Classifica alla mano, con risultati davvero eccezionali. Infatti, la coppia italiana ha preso la guida dello Swansea quando era in 17^ posizione, e quattro mesi dopo i gallesi veleggiano tranquilli a metà graduatoria. Lo Swansea ha appena toccato quota 40 punti, e lo stesso Guidolin ha dichiarato che la sua squadra si è praticamente salvata. Ma è quantomeno significativo per Ambrosetti che l’ultima vittoria sia arrivata proprio contro il “suo” Chelsea: “Sono sincero, non c’è nessun tipo di rivincita, l’importanza della gara era superiore a tutto il resto. Non ho mai pensato al singolo, al personale, ma solo alla questione del gruppo Swansea. Ovvio che alla sera c’era un pizzico di soddisfazione, unicamente legata però alla felicità di avere vinto una gara che ci ha dato la sicurezza della salvezza”. Un risultato costruito giorno per giorno, soprattutto - Ambrosetti dixit – grazie alla capacità di Guidolin di sapersi integrare fin da subito: “Fra l’altro parla anche bene l’inglese, non ha particolari problemi. Credo – continua - che le persone intelligenti come lui non ne abbiano, quindi a parte le classiche difficoltà iniziali è tutto filato bene. C’è un bellissimo rapporto fra lui e i giocatori. Alcuni all’inizio non sapevano neppure chi fosse, però poi si è instaurato un legame stupendo. Un’alchimia che è alla base dei risultati che tutti vedono. Alla base dei rapporti umani c’è sempre un’intelligenza e maturità tipica di Guidolin. E poi, fra tutte le doti ha una sensibilità incredibile con cui capisce i giocatori”.
Parole al miele per l’allenatore dello Swansea, da cui Ambrosetti sta imparando tantissimo del ruolo: “Essere il suo assistente è una grande fortuna, riesco ad aggiungere un background importante alla mia esperienza e anche dei dettagli tattici che sono tipici del ruolo dell’allenatore. Il talento del mister è enorme e posso solo imparare. Stare di fianco all’allenatore insegna molti particolari che dietro la scrivania ovviamente non potevo assimilare, anche perché banalmente non c’era modo di seguirli”. Già, perché questa è la prima esperienza di Ambrosetti in panchina. Non male iniziare dalla Premier, no? Infatti, Lele aveva cominciato da direttore sportivo, proprio al Varese: la squadra che l’ha lanciato nel calcio. In biancorosso – i suoi colori del destino – rimane due spezzoni di stagioni, prima della svolta di Guidolin. Prima ds, poi vice allenatore: Ambrosetti non fa confusione, anzi ha le idee chiare su quello che farà da grande. “Il calcio si sta evolvendo - ci spiega -, c’è un aspetto manageriale che sta prendendo corpo. Il ruolo di ds praticamente non esiste più, perché bisogna essere pronti anche a capire certe cose che vanno al di là del campo. Ad esempio è necessario comprendere il reale significato di budget, e tutto ciò che c’è dietro, come il merchandising, i biglietti venduti e gli sponsor. Il calcio sta sempre più diventando luogo di interessi importanti: bisogna saperli gestire”. E nonostante sia la prima volta che Ambrosetti siede in panchina, il ruolo non gli dispiace affatto, anzi: “Se a Varese lavoravo tot ore per un settore solo, qui lavoro molto di più per settori diversi diversi, come l’academy. Ci sono molte più cose su cui concentrarsi, e con piacere. Lunedì io e Guidolin avevamo il giorno libero e ci siamo trovati comunque a lavorare, perché abbiamo passione. Credo che sia questa la chiave: passione e umiltà. Così si va lontano”.
Come lontano sta andando anche la Premier, che sta sempre più venendo riconosciuta come il campionato migliore al mondo. “C’è una cultura diversa, non solo a livello della prima squadra, ma anche del settore giovanile: c’è estrema attenzione per vedere come i ragazzi crescono. Posso dire – spiega Ambrosetti - che non è vero quello che sostengono in molti, cioè che tutto il mondo è paese. Chi dice questa cosa non è mai uscito dal suo giardino. Per quanto riguarda la costruzione di un club, l’Inghilterra è differente dalla Germania, dalla Spagna e dall’Italia. Qui è molto difficile che un progetto venga mutato tante volte nel corso del tempo. C’è più rispetto della professionalità e del singolo allenatore. Un allenatore esonerato non è solo una sconfitta sportiva, ma una perdita economica ed un costo aggiuntivo inutile. Qua ho notato un po’ di cinismo nel cercare di portare a termine un lavoro”. Cinismo o meno, in Inghilterra c’è qualcuno che sta stupendo ancora di più dello Swansea del duo Guidolin-Ambrosetti.
Si tratta ovviamente di Ranieri, e la chiusura non può che essere per lui, anche perché è stato allenatore di Ambrosetti nella sua seconda esperienza al Chelsea. “Non credo di essere stato l’unico ad essersi stupito. L’anno scorso si sono salvati all’ultima, e per questa stagione l’unico obiettivo era rimanere in Premier. Ranieri ha avuto un grande merito: qualcuno in Italia diceva che aveva sbagliato troppe occasioni con giocatori di livello in società importanti. Invece ora si sta trovando a vincere in una lega difficile. Poi, credo che sia ingeneroso dal punto di vista educativo e professionale dire che sta vincendo perché quelle dietro hanno toppato. Si può fare una buona annata ma per vincere bisogna essere i migliori, e lui lo sta dimostrando con una squadra non fatta per il titolo. Ci sarà un motivo per il quale tutti ora sanno chi è Mahrez e Vardy – che l’hanno scorso ha fatto pochi gol – ora è a 21… sono numeri, non mie opinioni”. E se i numeri dicono che il Leicester è vicino allo scudetto, hanno già sentenziato che lo Swansea è salvo. Good job, Lele.
Luca Mastrorilli