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Data: 13/03/2019 -

Retorica, tattica e... disorientamento: il capolavoro di Allegri in tre mosse

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La guerra dei nervi. L’aveva previsto il Massimiliano tornato Max(i). Carica, tensione ma anche un bel bagno nell’acqua ghiacciata per evitare di trasformare la carica in confusione, la tensione in rabbia, la rimonta in disfatta. Contro l’Atletico Madrid serviva la partita perfetta, che non voleva dire attaccare a testa bassa. Servivano ritmo, concentrazione, pressing: il cholismo rovesciato che la Juventus doveva far sua per poter battere gli spagnoli. Nasce da qui il piccolo capolavoro di Allegri, che si divide in tre fasi: retorica, tattica e “disorientamento”.

Fase 1: la retorica del “non fallimento”

Più che Allegri, Max è un tipo concreto. Dopo la partita d’andata si è tagliato fuori dai social da solo, in una cena, concentrando tutte le sue energie positive sui fatti di Champions. “Contro chi è negativo io non posso fare nulla. Bisogna fare un salto in avanti. Questa è educazione in generale. Se dopo una sconfitta si vede tutto nero, vuol dire che qualcosa non torna”. Si era arrabbiato moltissimo dopo la partita contro l’Udinese, Allegri. Sentiva la tensione, la partita contro l’Atletico era alle porte. “Ma chi dice che se perdiamo, sarà un fallimento, sbaglia di grosso! Lo dico ora, non lo sarà. L’importante sarà l’atteggiamento: dobbiamo uscire dal campo dopo aver fatto una grande partita. In Champions può succedere di tutto, se usciremo ci proveremo il prossimo anno. Ma non sarà un fallimento”. Punto primo: abbassare l’aspettativa, l’ansia da prestazione. Punto secondo: caricare il gruppo. “Quando sono arrivato, c’erano giocatori che avevano la faccia più bianca del pallone prima di giocare contro il Malmoe. Ora pensiamo di poterle vincere tutte”. Punto terzo: la riflessione. “Ho detto ai miei ragazzi prima di scendere in campo di pensare a quanto tempo avremmo avuto a disposizione. Senza equilibrio, non saremmo andati da nessuna parte”. E poi quella profezia. Max non è uno stregone col cappello da Merlino ma semplicemente un uomo di campo che conosce le dinamiche e sa esattamente come girano le cose. Soprattutto in Champions dove la cura del particolare è d’obbligo. All’andata Lemar sbaglia un gol già fatto. Sarebbe stato 3-0. E nel post Allegri confida ad amici più stretti e colleghi “hai visto Lemar? Il gol che si è mangiato? Ecco, al ritorno passiamo noi... fidati di me”. Piccolo segni. Detto, fatto.







Fase 2: Allegri e la tattica

Non sono mancate le critiche nei confronti di Allegri dopo la partita dell’andata. Non sono mancati i complimenti dopo quella del ritorno. Le novità: l’esordio (forzato) di Spinazzola e la conferma della difesa a 4; l’impiego di Emre Can in un ruolo quasi nuovo; l’affidarsi a Bernardeschi. I due esterni sono stati tra i più determinanti. Della serie, la voglia di riscatto e di emergere che arriva dalla panchina. Il tedesco era già in crescita ma contro gli spagnoli ha disputato la sua migliore partita da quando è in bianconero: corsa a tutto campo e quel ruolo più arretrato quasi a terzo difensore nei momenti di ripiego, soprattutto su Morata. Una strategia che ha pagato. E poi c’è il “Berna”: doveva dimostrare di non avere solo il guizzo, ma i numeri da campione.








Fase 3: Allegri e il disorientamento

Di chi? A un certo punto dei giocatori stessi! Ed è l’aspetto più divertente di tutti. Ventunesimo minuto del secondo tempo: Spinazzola esce per crampi. Ci si sarebbe aspettato l’ingresso di Caceres, Allegri sorprende tutti: dentro Dybala. Come disporsi? Subito, viene arretrato Emre Can per un’inedita difesa a tre. Poi Matuidi comincia a sbracciare: si sta rivolgendo a Cancelo dicendo di passare da destra a sinistra. Perché Bernardeschi, inizialmente impiegato al posto di Spinazzola, non riusciva a svolgere il doppio compito. Ci è voluto un po’ di tempo prima della nuova disposizione: a destra Can, in mezzo Bonucci e Chiellini, a sinistra il portoghese. Dybala e Bernardeschi esterni offensivi per un 4-4-2 tutto votato all’attacco e alla ricerca della terza rete. Non contento, Allegri ha poi tolto Mandzukic per Kean: un altro cambio a sorpresa. Lasciare da parte l’esperienza per inserire l’esuberanza e tenere i ritmi altissimi disorientando questa volta i difensori avversari. Qualche minuto dopo e Bernardeschi si inventa l’azione del rigore per il 3-0 finale che entra nella storia. Di diritto. Sono solo gli ottavi, ma in 90’ Allegri ha risvegliato un ambiente felice ma non entusiasta. La rimonta è stata servita.

A cura di Valentino Della Casa e Matteo Moretto



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