Sono gli attacchi a vendere i biglietti, ma è grazie alle difese che si vincono le partite. L’ultima volta, quattro anni fa, tra Brasile e Messico furono le difese a vincere. Finì senza reti, merito soprattutto del portiere Ochoa e delle sue parate. Imprevedibile ed esaltato in porta il messicano, avrà di fronte come avversario Alisson, che al contrario tra i pali sembra essere freddo e cinico. Due modi apparentemente diversi di indossare i guanti e la maglia delle proprie nazionali.
Un metro e novantatré, venticinque anni è il primo mondiale con il Brasile per Alisson. Un numero uno silenzioso, che dà il suo impatto alla partita con le parate, meno alzando la voce. Preciso nei rinvii e in impostazione, come da tradizione brasiliana. Il gioco della squadra poi lo impegna poco. Due le parate in questo mondiale e un solo gol subito. La dura legge del portiere inoperoso per tutta la partita, ma che si deve far trovare pronto nel momento della necessità.
In Serie A quest’anno è stato il miglior portiere per percentuale di parate su tiri da dentro l’area. Decisivo anche in Champions League. In 12 partite ha parato 47 tiri nello specchio. Meglio di Ter Stegen, Navas e Courtois. Nel corso delle qualificazioni al mondiale ha inoltre mantenuto imbattuta la porta per 15 volte consecutivamente superando Marcos e Dida. Se Tite ha deciso di affidare la porta al giovane della Roma è per i numeri che inviolabili ne spiegano la crescita e per il suo modo di interpretare il ruolo in maniera decisiva.
Dall’altra parte Ochoa. Trentadue anni e quarto mondiale tra i pali del Messico. Uno di quei giocatori che spariscono per quattro anni, ma che poi li ritrovi lì, come una certezza. Al contrario di Alisson la sua porta è una delle più bersagliate dagli avversari. Costretto a diciassette parate nelle tre partite del girone. Il numero uno più impegnato della competizione, davanti a Schmeichel autore di 14 interventi.
Una scalata lenta la sua. Terzo portiere nei mondiali tedeschi, il secondo in Sudafrica e titolare nel mondiale brasiliano quattro anni fa. È lì che molti tifosi verdeoro si ricorderanno Ochoa. Nella partita dei gironi del 17 giugno tra Messico e Brasile, Ochoa para tutto, compie quattro interventi miracolosi che inchiodano il risultato sullo 0-0, sufficienti per qualcuno per modificare la sua pagina Wikipedia definendolo “El gobernante de la humanidad”.
Nominato il miglior portiere messicano della decade 2000-2010, 97 presenze con la Tricolor e un obiettivo da raggiungere: arrivare a 100 raggiungendo la semifinale. Diventato l’idolo messicano e come da tradizione sudamericana seguito da numerose leggende. La più curiosa è nata da una foto, probabilmente ritoccata, che lo rappresenta con la mano aperta ma con sei dita, grazie alle quali si presume sia riuscito a fermare il Brasile nel 2014. Il secondo nel corso della storia dei mondiali a riuscire a mantenere la porta inviolata sia contro il Brasile che contro la Germania, dopo Jan Tomaszewski, portiere della Polonia quasi cinquanta anni fa. Destini alterni in carriera. Protagonista in nazionale, meno nei club. Nel 2016 è diventato il portiere più battuto in una singola stagione subendo 82 reti in 38 partite con il Granada. Ma quando indossa la maglia della tricolor è criptonite per lui.
I precedenti
Valori tecnici a parte, Brasile-Messico è stata partita vera soprattutto nelle ultime due occasioni in cui la posta in palio era alta. I centroamericani hanno infatti fatto soffrire i verdeoro non solo nella partita dei mondiali del 2014, ma anche nella finale dei giochi olimpici di Londra del 2012 giocata a Wembley. Fu il Messico a vincere e conquistare il titolo olimpico, grazie ad una doppietta di Peralta e ad altri cinque giocatori (Corona, Reyes, Aquino, Herrera, Fabian) che erano in campo a Londra e che saranno presenti anche in questo mondiale. In quel giovane Brasile c’erano invece Neymar, Marcelo, Thiago Silva e Danilo anche loro dopo 6 anni sono ancora lì, in cerca di una rivincita. Per Alisson e Ochoa invece sarà una sfida a distanza, tra due numeri primi e solitari.