Quello appena passato è stato un weekend pieno di derby per il calcio femminile di Serie A. Nell’undicesimo turno di campionato infatti 3 partite su 6 erano derby. Tutti sappiamo che queste non sono gare come tutte le altre: se per qualsiasi altra partita si devono trovare motivazioni e stimoli, per impegni del genere non serve affatto. Perché non solo il giorno stesso, ma da inizio settimana la città non parlerà d’altro e continuerà a incitarti per strada: "Mi raccomando domenica! Vincere! Fategli vedere chi comanda".
Per non parlare dei social network in cui piovono post e commenti per ricordare ai giocatori quale sia la posta in gioco... come se loro poi non se la ricordassero già. Sentita sì dai calciatori, ma soprattutto dai tifosi. Perdere contro la squadra rivale della propria città è una cosa inaccettabile. Andare a lavoro il giorno dopo e dover sentire gli sfottò del collega non è una cosa piacevole. Sono partite talmente sentite che non iniziano la domenica con il fischio dell’arbitro né tantomeno finiscono al novantesimo minuto, perché anche tutta la settimana seguente si continuerà a parlare di quanto sia bello vincere in casa propria, o al contrario di come quel gol in realtà fosse in fuorigioco. Ci sarà il processo in piazza da vivere da assolti o da imputati. La partita insomma diventa davvero infinita.
E a volte non è tanto quello che succede in campo che fa parlare, ma quello che succede fuori, una volta terminata la gara. Domenica, al termine di Roma-Lazio femminile, il capitano delle giallorosse Elisa Bartoli ha ritrovato tutta l’auto rigata e danneggiata dai tifosi laziali. Nel calcio femminile una notizia come questa fa molto scalpore, non sono cose che capitano spesso. O per lo meno non ancora. A denunciare l’episodio è stata proprio la giocatrice tramite una storia Instagram nelle quale “ringraziava” i tifosi laziali per averle rigato tutta la macchina. A lei ovviamente va tutta la mia solidarietà per il danno materiale e morale che ha subito.
La tensione per il derby
Ironia della sorte, mi trovo a scrivere queste righe dopo aver giocato il mio derby. Questa domenica anche per noi ragazze di Serie C, in programma c’era la sfida contro l’altra squadra di Venezia. Quindi ho ben presenti tutte le emozioni di cui vi ho parlato, i vari stati d’animo, la tensione nell’aria che si respira per tutta la settimana e che ti porta alla partita. Ricordo perfettamente l’agitazione e l’adrenalina che avevo prima di giocare. Ho sentito diverse mie compagne con il volto pallido dall’ansia dire: “Non mi sono mai sentita così!”.
È stata una partita combattuta, molto nervosa. Ci siamo affrontare a viso aperto e fino al 72’ nessuna delle due squadre era riuscita a trovare il gol del vantaggio. Alla fine hanno vinto loro. E nonostante la partita sia finita da un bel po' mi rimane il senso di amarezza. Un po’ per il risultato, ma soprattutto perché, una volta terminata, ti rendi conto che si tratta di una partita come le altre. E mi dispiace pensare che, quando si giocano partite così, nella testa si accenda un interruttore che ti spinge a essere disposto a tutto per vincere, a volte anche a discapito del fair play.
Non importa se nella squadra avversaria gioca una tua cara amica. E non importa se quest'ultima cadrà a terra, tu continuerai l'azione perché in quel momento segnare e vincere è l’unica cosa che conta. Ma va bene così: ci stanno i colpi bassi così come gli sfottò. Sì abbiamo perso, ma non ce ne vergogniamo. Complimenti all’avversario, il campionato è ancora lungo. Avanti tutta!