"In questi 8 anni siamo sempre stati sopra tutti". A metà tra un biglietto da visita per riassumere un periodo da 'grandi' ed un saluto da parte di chi ha dato tutto e ricevuto tanto. Impossibile dimenticare Vicente, il vincente. Una storia d'amore Roja, rosso fuoco, arrivata al termine: ora Del Bosque ha detto addio alla Spagna. Ufficialmente. Si chiude un'era, finisce un ciclo. "Da dicembre dissi al presidente che non avrei continuato con la nazionale", giù il sipario dopo Euro 2016, lo sapeva Del Bosque.
Un'avventura iniziata nel 2008: otto anni, un Europeo, un Mondiale, 87 vittorie per farlo diventare il più vincente di sempre sulla panchina spagnola. E il ct è presto diventato il 'simbolo di un'altra Spagna, sensata, moderata e lucida' o ancora 'l'allenatore degli allenatori per quello che ha dato e per i valori che ha trasmesso'. Così l'ha definito la stampa locale, la stessa stampa che adesso racconta la 'Fine di un ciclo'. Il punto più alto? Il Mondiale vinto, il primo della loro storia. Quello più basso? Il 5-1 subìto dall'Olanda ai Mondiali del 2014, una vendetta dopo la finale del 2010, una sconfitta definita una 'Humiliaciòn Mundial'. Il 'punto e basta'? L'eliminazione da Euro 2016 ad opera dell'Italia. In Francia senza Isco nè Saúl Ñíguez, niente Villa o Fernando Torres; spazio a Lucas Vázquez, Koke, Morata, Thiago. Un rinnovamento ma anche una squadra destabilizzata da alcune mancanze eccellenti. Un altro Xavi non c'è e (forse) basta solo questo a capire come è cambiato il gioco spagnolo: da dominatrice delle partite a squadra con un gioco non più imprevedibile e inattaccabile. Mancano insomma quei giocatori insostituibili, quei leader che, dentro e fuori dal campo, si sono imposti nello spogliatoio in Sudafrica nel 2010 e nell'Europeo di Polonia-Ucraina del 2012. Una perdita di qualità che ha portato la Roja ora ad un nuovo 'anno zero', l'inizio di una rifondazione che non poteva dare immediatamente i frutti sperati.
Casillas, Puyol, Capdevila, Xavi, Xabi Alonso, Pedro, Villa, Jesus Navas, Fernando Torres: undici dei quattordici (sostituzioni comprese) che presero parte alla finale Mondiale del 2010, oggi sono il passato della Roja. Sì, anche Casillas che c'è ma ha lasciato i pali a De Gea ed ha vissuto qualche attrito con Del Bosque. Pace fatta tra i due, infine, perché non poteva esserci retrogusto amaro in questo addio. E in Spagna si chiedono se sulla panchina della nazionale potrà ora arrivare un ct con le stesse qualità umane e la stessa cultura del lavoro di Del Bosque.
La fine di un ciclo, sì, ma anche un nuovo inizio. Il cammino verso il Mondiale 2018 inizia da qui. Dall'addio di Del Bosque, con la forza delle vittorie del passato ed una nuova eredità tecnica per il futuro. Titoli di coda e saluti via social da parte dei suoi uomini, da Sergio Ramos ad Azpilicueta fino a De Gea per dirgli "Gracias, Vicente".