“Mi alzo la mattina alle 7 e 30, faccio colazione, scendo al campo di footvolley. Siamo un gruppo di 4-6 persone, composto anche da ex compagni. Finito di giocare, pranzo, torno a casa prendo lo scooter e vado in studio. Poi ceno, cinema e a dormire perché sono stanco morto”. Ecco la giornata tipo di Christian Vieri, che nella trasmissione “I signori del calcio” in onda su Sky ha ripercorso tutta la sua carriera. Partendo dal presente però, dove il calcio giocato ha fatto spazio ad un altro sport: “Per noi ex giocatori andare a correre è faticoso. Per questo giochiamo a tennis o a footvolley: sole, sabbia, pallone, bello no?”. E programmi per il futuro? “Prenderò il patentino per allenare. Quando ho smesso è perché non avevo più voglia di giocare. Anche se tornassi indietro giocherei altri 4-5 anni. Poi mi sono detto che dovevo fare qualcosa di nuovo. Sono volato in America e ho iniziato una nuova vita. Del calcio mi manca la compagnia dei compagni, gli scherzi, il divertimento. Facendo il calciatore ho esaudito il mio sogno, non posso chiedere di più, anche perché sono arrivato ai massimi livelli. Anche quando dovevo correre non mi pesava perché pensavo che dopo c’era la partitella. Per esempio Recoba si nascondeva mentre correvamo, c’era qualcosa sempre per divertirsi. Ho dormito per 20 anni con Inzaghi tra Under 21 e Nazionale maggiore, è stato un incubo, non mi faceva chiudere occhio. Uno più pazzo di lui non l’ho mai visto. Se c’era un minimo raggio di luce non dormiva, trovava tutti i modi per tappare i buchi”.
Il calcio come passione di vita, ma c’era qualcosa che Vieri proprio non sopportava: “L’unica cosa che non sopportavo del calcio erano i ritiri, inutili. Una volta con Di Biagio siamo scappati e siamo tornati a casa perché faceva troppo caldo. Poi il giorno dopo sui giornali era uscito che eravamo andati in discoteca, niente di vero. L’allenatore che più di tutti ha creduto in me? Cesare Maldini. Mi ha fatto sempre giocare in Under 21 e in nazionale maggiore, gli devo molto, c’è stato un rapporto fantastico tra di noi”.
Quando si parla del Vieri calciatore si pensa spesso alla sua vita fuori dal campo, a volte fatta di eccessi, ma Bobo in verità è sempre stato un professionista esemplare: “Io mi sono sempre allenato tantissimo, sempre. Solo così puoi convincere l’allenatore che sta sbagliando a non farti giocare. Le cose le dico in faccia, non mi nascondo”. Rimpianti? “Il Mondiale è stata dura perché mi ero rotto il ginocchio un mese prima. E’ stato brutto non andare, perché io impazzivo per i Mondiali. Però anche quando succedono queste cose bisogna andare avanti, io volevo essere lì con loro ad alzare quella Coppa”. Prima di entrare a far parte della Nazionale azzurra Vieri era un bambino che iniziava a tirare calci ad un pallone in Australia: “In Australia ho iniziato come terzino sinistro, poi ho detto all’allenatore: “Mettimi in avanti che sto segnando più degli attaccanti”.
Vieri poi ha ricordato il suo periodo all’Inter: “In nerazzurro sono stati sei anni molto intensi, perché dovevamo vincere e non eravamo attrezzati per farlo. Juve e Milan erano più forti di noi, però era da tanto che l’Inter non vinceva, quindi c’era tanta pressione su di noi da parte di tutto l’ambiente e a volte facevo fatica”. L’anno giusto però sembrava finalmente arrivato: squadra galattica, allenatore preparato, pochissimi passi separavano l’Inter dallo scudetto. Poi? “Abbiamo perso uno Scudetto da soli, il 5 maggio, ed è stato molto pesante. Secondo me se avessimo vinto lì, sarebbe cambiato tutto. E invece poi Ronaldo è andato via, Cuper lo stesso, dopo 4 mesi è andato via, e così tanti giocatori. Cambiavamo sempre, secondo me anche troppo. Non eravamo mai “stabili” e secondo me per vincere ci devono essere una società e una squadra stabili”. Vieri però non ha rimpianti, quando scendeva in campo dava tutto, sempre: “Io sono contento perché ho dato tutto quello che avevo. Quando giocavamo, c’erano sempre 70-80 mila persone e lo stadio era sempre strapieno. Era davvero perfetto, tutto bello, quindi c’era in teoria tutto per vincere. Però non si è mai vinto”. Sembra quasi impossibile, soprattutto perché in quell’Inter a fare con coppia con Vieri c’era un certo Ronaldo: “Peccato che non abbiamo giocato molto insieme e che ci siamo fatti male. Ci facevamo male una volta lui, una volta io; una volta lui, una volta io. Non abbiamo mai giocato 20-30 partite insieme. Però eravamo la coppia dei sogni, perfetti. Io l’avevo detto al Presidente: “Non cederlo, non cederlo! Ha vinto il Mondiale e lo cedi ora? Lo stiamo aspettando e lo cedi ora? E io che faccio qua?”. Però era o lui o Cuper, no? Quello che eravamo io e Ronaldo all’Inter rimane e rimarrà per sempre. Cioè, i due più forti che l’Inter abbia mai avuto, non ci sono tanti giri di parole. Io E Vieri siamo stati la coppia più forte che l’Inter abbia mai avuto”.
Dal campo alla vita privata, Vieri torna su un argomento che lo ha scosso parecchio nei suoi anni passati all’Inter: “Ho scoperto le intercettazioni, i pedinamenti. Non ce n’era proprio motivo: tutti sapevano cosa facevo, tutti sapevano quanto mi allenavo. Che facevo? Non facevo niente! Tutti dicevano che Vieri usciva la sera. Solo la domenica uscivo, come tutti. Quindi non c’era nessuna cosa per far sì che mi dovessero intercettare o pedinare, non c’era un perché. Poi ho fatto quasi un gol a partita, quindi che motivo c’era? Quella parentesi purtroppo fa parte della mia vita nell’Inter, però io guardo alla parte di quei sei anni in cui ho giocato, i compagni, i gol, anche le sconfitte. Tutto quanto è sempre e comunque bello, perché giocare titolare nell’Inter è sempre una cosa importante”. Sono passati tanti anni ormai, quindi tutto acqua passata? “Ma sì, ormai non ci penso più. E’ successo e se mi chiedete il perché, non ne ho idea. Se ho perdonato il presidente Moratti? Ma sì, è stato il mio presidente per sei anni, mi ha comprato a 90 miliardi, mi ha fatto dei contratti alti e gli sarò sempre riconoscente per questo. Poi, per il resto, è andata come è andata. Cosa posso fare? Quando è venuta fuori la cosa, avrebbe dovuto quantomeno chiamarmi (Moratti, ndr) per dirmi: “Vieni da me, ho fatto questo, questo e quest’altro, mi dispiace”. Io avrei fatto così, io se sbaglio chiedo scusa, però non l’ha fatto e va bene così, non c’è problema. Ho fatto 132 gol e gli ho fatto vendere tante magliette col numero 32! (ride, ndr) Quindi, ho la coscienza a posto".
Il racconto di Vieri si conclude con un augurio per le due squadre di Milano: “Quando sono passato al Milan l’ho fatto perché dovevo pensare alla mia carriera. Milan e Inter dovrebbero essere sempre tra le prime 10 squadre al mondo. Spero che i cinesi portino le milanese in alto, ma io sono sicuro di questo”. Ma cosa chiede Vieri al futuro? ”Non posso più chiedere di più, ho avuto tutto quello che desideravo: ho giocato a calcio, ho fatto due Mondiali, cioè due Mondiali, ma cosa posso chiedere di più?”. Ah c’è un’ultima domanda: che allenatore saresti? “Numero uno, io”.