Si mimetizza tra la platea, al fianco del suo interprete e di Giampiero Ventura. Uno sguardo, un sorriso. Poi gli applausi quando Massimiliano Allegri sale sul palco per ritirare la Panchina d’Oro. David Moyes osserva attento, curioso. Il suo turno ancora non è arrivato, presto però parlerà a tutti gli allenatori italiani per una lezione speciale. Passa Ranieri, si guardano: il tempo di un abbraccio, una pacca sulle spalle e un “complimenti, sei grande” sussurrato all’orecchio. Dallo United a Coverciano, a guardarlo fa effetto. In fondo, Moyes era lo “chosen one”, l’erede scelto da Ferguson stesso. E oggi, a Firenze, si guarda intorno accerchiato dagli allenatori italiani che aspettano di studiarlo. “Un privilegio, mi sto divertendo - racconta in esclusiva a GianlucaDiMarzio.com - ero già stato a Coverciano diverse volte: sono venuto con l’Everton quando affrontai la Fiorentina in Europa qualche anno fa, ma anche da giovane allenatore, per imparare, quando c’era Trapattoni che allenava qua. Bei ricordi che ritornano…”. Sguardo fiero e deciso, la sua Scozia viene fuori. Umile, prima di tutto: “Faccio lezione io oggi, ma ci sarebbe solo da imparare. Ci sono allenatori molto speciali qua oggi”. Sul telefonino la foto di Allegri con la Panchina d’Oro in mano, “oh, l’ha meritata: ha avuto una stagione fantastica l’anno scorso, specialmente con la finale di Champions. Un grande risultato, erano anni che il calcio italiano non era a quei livelli. E penso abbia una chance anche contro il Bayern”.
L’Italia che ci crede, che prova a farsi spazio tra le potenze europee. Allenare è ancora un italian job? “Tanti paesi potrebbero dire altrettanto. Credo che in Olanda ci siano grandi allenatori, come anche in Scozia. Però è importante venire qui e capire cosa voglia dire allenare ai massimi livelli”. I contenuti della sua lezione non vuole svelarli, geloso e orgoglioso della cartella di fogli che tiene sotto il braccio. C’è anche un registratore, perché Moyes vuole poi riascoltarsi sull’aereo che lo riporterà nel Regno Unito. Due giorni di fuga a Firenze, “città adorabile”. Chissà se sullo stesso volo, con lui, tornerà in Inghilterra anche Claudio Ranieri: “Sta facendo un lavoro fantastico, tutti in Inghilterra vogliono che il Leicester vinca il titolo. E’ una grande storia di calcio, forse per la prima volta i soldi non saranno la chiave per vincere. E questo è un grande messaggio per tutto il calcio. Gli ho fatto i miei complimenti, sa che ci sono grandi pressioni adesso su di lui in ogni gara… Ci sono grandi club come l’Arsenal, il City e il Tottenham che lo inseguono: sarà dura”. Per un italiano in Premier, uno scozzese in Serie A? “Eh, mi piacerebbe. Ora giro per l’Europa, ho rifiutato molte offerte. Il calcio italiano ci piace, in Inghilterra siamo abituati a guardarlo ogni domenica in TV. Dai tempi di Maradona… Tutte le squadre italiane sono buone, in Europa fanno sempre bene (negli ultimi anni meno forse, eccetto la Juventus) ed anche la Nazionale raggiunge sempre traguardi importanti. Ho parlato con Zola, gli ho detto che sto vedendo un calcio italiano migliorato rispetto agli ultimi anni”. Così migliorato da poter vincere l’Europeo? “L’Italia ha sempre fatto bene nelle competizioni che contano. L’Inghilterra? Insomma, però quest’anno hanno una squadra di giovani forti, molto cresciuti. Vedremo…”. Finisce di parlare e su Coverciano arriva la pioggia. Grigia, fredda. Scozzese. Lui la guarda e sorride: “Sono abituato!”. Stretta di mano e via, a ripassare gli ultimi schemi. Good luck, David.