Racconti e confessioni, tra microfoni e ciak. Martin Bengtsson e la sua storia, portata sul grande schermo nel film Tigers, presentato oggi anche a una giuria italiana.
Un racconto del suo passato, del suo rapporto conflittuale con il calcio, passato anche per la primavera dell'Inter dove le pressioni e le aspettative lo hanno portato alla depressione e a pensare anche al suicidio. La vita lo ha poi cambiato, lo ha allontanato dal calcio fino a renderlo scrittore e musicista, un mondo in cui si sente inserito senza soffrire le debolezze di un tempo.
"Spero che quanto accaduto sia di insegnamento ai ragazzi, non bisogna vergognarsi di dire di essere stati depressi e malati. Finché sono rimasto all'Inter non ero in grado di guarire, ho dovuto contattare uno piscanalista ma mi ha aiutato anche la scrittura che è diventata il mio nuovo lavoro".
"In The Shadows of the San Siro" è infatti il suo libro da cui trae ispirazione il film, in cui si narra la sua storia conflittuale con il calcio, un mondo criticato soprattutto per come mette in competizione i professionisti. "Nel calcio sei sempre in competizione, anche tra compagni, e poi bisogna mostrare sempre mascolinità. Infatti qunado tornai dall'Inter in Svezia mi diedero del debole dicendomi che non ero stato uomo. Sono cose che vanno cambiate" ha aggiunto.
La sua storia ora è diventata un film, dalla crisi depressiva al sogno di potersi raccontare attraverso una pellicola. Il successo non è arrivato sul campo tramite il talento nei piedi, ma grazie a quello delle mani che hanno saputo raccontare la sua vicenda.