Quando si parla di Capitano del Torino, vengono sempre in mente due giocatori: Giorgio Ferrini da un lato, Valentino Mazzola dall’altro. È, Mazzola, uno di quei nomi che la piazza granata non può mai dimenticare. Anche se, magari, resta un nome lontano nella memoria dei più giovani. Ma non è possibile non immaginarsi il suo volto: quello sguardo sorridente, a tratti spigoloso; quelle maniche alzate a rappresentare il famoso “quarto d’ora granata”, che era un marchio di fabbrica di quella squadra leggendaria, capace di avere ben dieci undicesimi dei giocatori titolari con la maglia della Nazionale. E poi gli scudetti: tanti, uno in fila all’altro, con un trascinatore unico, come Mazzola appunto, davanti a tutti. Nato a Cassano d'Adda, inizia a giocare giovanissimo nella squadra dell'Alfa Romeo, azienda che gli garantirà anche un impiego, oltre al posto in squadra. All'inizio del 1939, Valentino parte per il servizio militare in marina a Venezia, dove viene notato dai dirigenti locali ed acquistato per cinquantamila lire nel 1940. Nel Venezia gioca tre stagioni ad alto livello, conquistando la coppa Italia nella stagione 1940/41 e venendo notato da quel grandissimo scopritore di talenti che era l'allora presidente granata Ferruccio Novo, che acquista Mazzola dai lagunari (assieme al compagno Ezio Loik) per la stratosferica cifra di un milione e 300 mila lire, somma ritenuta quasi scandalosa all'epoca ma che permise al Venezia di risanare molti dei propri debiti sportivi.
195 partite in granata, 118 gol e solo trent’anni quando si è spento in quel tragico incidente di Superga che ancora oggi viene ricordato, e in qualche modo celebrato da tutto il calcio. E sì che quella partita, contro il Benfica, si era fatta proprio perché Mazzola, allora influenzato, aveva dato la sua parola alla squadra avversaria: da quel viaggio in Portogallo, il Grande Torino non tornerà più. E ancora oggi, quando vengono letti i nomi alla lapide di Superga, il 4 maggio, alle parole “Il nostro capitano, Valentino Mazzola”, sale un brivido e un applauso di commozione che riunisce tutto il mondo del Toro, del calcio, dello sport. Perché questa è, in fondo, la forza di ogni capitano: unire, trascinare. A Mazzola tutto questo riesce ancora, anche in assenza. E gli riuscirà sempre.
Valentino Della Casa