Tra grandi colpi e innesti oculati, sono state fra le protagoniste del calciomercato estivo italiano: Lazio e Roma fanno sul serio e adesso vogliono dire la propria anche sul campo.
I giallorossi in particolare hanno dato un segnale al resto della Serie A con colpi del calibro di Abraham e Rui Patricio, chiudendo il mercato con quasi 100 milioni spesi, classificandosi al primo posto in Italia.
“Se la Roma continuerà a spendere dipenderà dalle scelte della società: sicuramente queste mosse di mercato sono un segnale di impegno forte della proprietà americana“. A spiegarlo è Marco Bellinazzo, giornalista esperto di economia sportiva, che prosegue, ai microfoni di gianlucadimarzio.com, l’analisi della situazione economica delle varie realtà italiane, dopo quella relativa alla Juventus post Ronaldo.
Per rendere possibile questo sforzo sul mercato, la proprietà è intervenuta con un aumento di capitale: negli scorsi giorni Friedkin ha versato 60 milioni di euro nelle casse della Roma, come parte di un aumento già deliberato. “Con l’aumento di capitale, la Roma ha la possibilità di sostenere queste spese in una situazione in cui si trova a dover gestire un disavanzo di bilancio molto importante in era pandemica. Nella stagione 2019/2020 ha perso 200 milioni, e avrà una perdita più bassa ma comunque importante anche nel 2021. Questo ha determinato la necessità di fare un aumento di capitale”.
Una scelta importante quella della società, che ha poi operato sul mercato cercando di equilibrare le entrate con delle uscite pesanti: “Sono stati fatti investimenti importanti sui cartellini, bilanciati grazie all’aver rinunciato a contratti molto più onerosi sotto il profilo dell’ingaggio, penso a Dzeko in particolare” prosegue Bellinazzo.
“Continua la politica di investimento sui giovani che dovrebbe portare a ridurre il monte ingaggi rendendolo più compatibile con il livello dei ricavi, che per la Roma è molto basso rispetto alle ambizioni della piazza. L’aumento dell’indebitamento è una naturale conseguenza dei grandi investimenti fatti: una parte viene coperta con l’aumento di capitale, un’altra con le linee di credito e i prestiti”.
Non in tutti i casi, però, la Roma è riuscita a liberarsi di ingaggi ritenuti superflui: se nel caso di Pastore si è arrivati alla risoluzione consensuale, questo non è successo con Santon, Fazio e Nzonzi, attualmente fuori rosa non avendo trovato destinazioni sul mercato. Ma qual è la soluzione più conveniente in questi casi?
“La risoluzione spesso è una soluzione non attuabile perché il giocatore ha interesse a percepire l’ingaggio che è spesso più alto rispetto alla quota di risoluzione offerta. Se in più non esiste per il giocatore una vera soluzione valida e alternativa in quel momento, non accetterà l’accordo. Per la squadra sarebbe chiaramente più conveniente – spiega Bellinazzo – eviterebbe il costo fiscale del giocatore non dovendo più pagare l’ingaggio. Anche il giocatore, però, deve trovare una sua convenienza: per questo, spesso, la richiesta per la risoluzione è alta abbastanza da impedire di trovare un accordo”.
Sull’altra sponda del Tevere troviamo la Lazio di Lotito, che ha lavorato in maniera oculata sul mercato per accontentare le richieste di Maurizio Sarri. Gli arrivi, tra gli altri, di giocatori come Pedro, Felipe Anderson, e Zaccagni non sarebbero però stati possibili senza risolvere i problemi legati all’indice di liquidità, che hanno frenato le operazioni dei biancocelesti.
“L’indice di liquidità è uno dei 3 indici utilizzati dalla FIGC per consentire le iscrizioni e l’operatività del club. In particolare, questo indice dice che il club ha in cassa disponibilità economiche per far fronte a tutti gli impegni e i debiti entro 12 mesi: dà la certezza, insomma, che quella squadra non fallirà entro i successivi 12 mesi, o comunque che non andrà in difficoltà economica”.
“Esiste un parametro preciso, dato dal rapporto tra la disponibilità economica, e i debiti. Quando la squadra si trova in una situazione in cui questo parametro non è rispettato – continua Bellinazzo – per poter operare sul mercato e dunque assumere altri impegni finanziari si chiede alla proprietà di immettere capitale, in modo da dimostrare di aver risorse sufficienti per far fronte all’eventuale indebitamento. È questo il senso dell’operazione fatta da Lotito: era poco il dislivello, parliamo di una decina di milioni circa. Una volta ristabilito l’indice di liquidità la Lazio ha potuto operare poi sul mercato.”
Anche nel caso della Lazio, dunque, la proprietà è dovuta intervenire con un aumento di capitale. Una mossa molto simile a quella della Roma; diversa, però, è la situazione che ha reso necessario l’intervento. “La dinamica è la stessa dell’operazione di Friedkin. La Lazio però, a differenza della Roma, ha sempre avuto un equilibrio molto forte tra entrate e uscite, negli ultimi anni è una delle squadre che ha chiuso più spesso il bilancio in utile: ha avuto solo un problema legato alla pandemia, sono difficoltà finanziare transitorie” spiega Bellinazzo.
“Per la Roma invece esiste un problema più profondo di squilibrio tra entrate e uscite che sta portando all’aumento dell’indebitamento, ma questo è stato ereditato dalla gestione precedente, dall’era Pallotta. La situazione della Roma era molto più grave rispetto alla Lazio, che ha dovuto semplicemente conformarsi a questo indice”. Una situazione a cui le romane stanno facendo fronte a modo loro, cercando di assicurarsi un grande futuro.
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