La scomparsa di Giampiero Boniperti è una notizia che fa male, al calcio e a chi lo ha vissuto nel rapporto quotidiano tra presidente e giocatore. Fabrizio Ravanelli, ai microfoni di gianlucadimarzio.com, racconta il ‘suo’ Boniperti: un riferimento, un padre sportivo e un uomo da cui è stato (ed è) totalmente affascinato.
Lo chiamiamo chiedendogli se voglia parlare, lui risponde subito: “Sì”. Vuole parlare del ‘suo’ presidente, quello che gli ha dato l’opportunità di vestire la maglia della Juventus, la sua squadra del cuore, quello che gli ha sempre voluto bene e che “Se ci fosse stato ancora lui in dirigenza, dopo la finale di Champions League del ’96, probabilmente mi avrebbe proposto di firmare in bianco“.
“Spesso chiamava al telefono per chiederti come stavi, ti faceva passare in ufficio da lui durante la settimana per chiederti come andava, come stavi e poi la domenica quando riuscivi a fare una grande prestazione si faceva sentire al telefono per farti i complimenti. L’ho amato tanto, ti faceva sentire importante”.
Ricordi nitidi e vivi che riaffiorano continuamente nella memoria di Fabrizio che racconta Boniperti come fosse una figura esistita in un’altra epoca, in un altro mondo lontano da qui: “Descrivere che presidente è stato per me, e in generale, è difficilissimo. Lui apparteneva ad una categoria che, oggi, non esiste più.
Mi tocca il cuore la sua scomparsa, come mi toccava il cuore l’affetto e la passione che metteva nel svolgere il suo ruolo. Mi ha fatto sempre sentire a casa mia”.
“Mi ricordo che mi chiamava Terminator. Gli piaceva la mia grinta, la mia determinazione. Io gli rappresentavo un vero carrarmato. Lui mi caricava così e io ero felicissimo quando me lo diceva. Ha capito fin dal primo momento il mio amore per la Juventus. Mi ricordo ancora la sua prima raccomandazione quando sono arrivato a Torino: “Mi raccomando, dobbiamo vincere il derby”.
Non lo chiamava spesso il ‘suo’ presidente e quando si sentivano Boniperti lo sgridava, come fossero ancora a Vinovo, come se il suo Terminator avesse sbagliato qualche passaggio di troppo la domenica precdente: “Non lo sentivo da un po’ di tempo. E devo ammettere che ogni tanto mi tirava le orecchie perché mi diceva che non lo chiamavo spesso, ma avevo sempre quella sensazione e soggezione di disturbarlo. Era un personaggio incredibile e ci avrei trascorso veramente 24 ore su 24 insieme, ma l’ho sempre rispettato e non ho voluto mai disturbarlo troppo.
Se potessi sentirlo un’ultima volta gli direi che non solo io ma tutta la mia famiglia saremo sempre grati a lui. Quello che mi ha regalato è unico. Come fa un ragazzo che viene da un paesino di 1000 abitanti a ritrovarsi alla Juventus? È un sogno realizzato ed è grazie a lui se me lo sono vissuto alla grande. Lo ringrazierei per questo e gli direi che sarà sempre nelle mie preghiere perché è stato davvero Unico“.
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