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L’Italia e il sogno americano. La rivincita di Federico e Mensah ai Columbus Crew

Quando parte la telefonata il dialetto calabrese si nota all’istante. Mixato a un forte accento americano. Federico Pizzuto da piccolo correva per le strade di Campora San Giovanni, piccola frazione del comune di Amantea, in provincia di Cosenza. Oggi è il preparatore atletico dei Columbus Crew, nuovi campioni della MLS. Di strada ne ha percorsa. Casella spuntata alla voce sogno americano: “Stiamo festeggiando dallo scorso sabato, non ci siamo ancora ripresi”. 

La squadra che rischiava il fallimento nel 2017 ha trionfato in campionato. Da outsider a campioni. Merito anche del lavoro di Federico. L’italiano ha rivoluzionato l’approccio alle partite dei Columbus Crew: “Qui i giocatori sono grandi atleti. Hanno dati fisici impressionanti, ma la tattica è meno curata rispetto al calcio europeo. Ho iniziato a far lavorare i ragazzi di più con il pallone e insieme a tutto lo staff abbiamo migliorato tanti aspetti”. 

L’esperienza acquisita da Federico negli anni nel settore giovanile del Porto ha dato i suoi frutti: “Ho finito l’università e iniziato un master in Portogallo. Ho avuto l’opportunità di lavorare con tanti giocatori talentuosi come Ruben Neves, Fabio Silva, Vitinha e Diogo Dalot, con lui siamo molto amici. Quando è arrivato al Milan mi ha chiesto consigli sull’Italia. Già da giovane aveva una fisicità sopra la media. Dopo le difficoltà di Manchester, la Serie A è la sua rivincita”. 

Mensah, scartato dall'Udinese oggi è leader in MLS

Uno che in Italia non ha avuto fortuna è Jonathan Mensah: difensore ghanese classe ’90 e capitano dei Columbus Crew. Fu acquistato dall’Udinese nel 2010, ma non riuscì a convincere Guidolin. Zero presenze e un anno di prestiti. “Ero giovane – racconta a Gianlucadimarzio.com -. Uno scout del club mi notò in un torneo in Sudafrica e mi convinse a partire per l’Europa. Non ero ancora pronto per la Serie A e fui mandato in prestito al Granada”. 

Una stretta di mano veloce con Gino Pozzo, figlio dell'ex presidente dell'Udinese, prima dell’addio: “Mi disse che ero un buon difensore, ma dovevo fare esperienza”. In quella squadra che arrivò fino ai preliminari di Champions League non c’era posto per il giovane Mensah. Nonostante la breve parentesi, il difensore ha conservato bei ricordi: “Con Badu e Asamoah ci sentiamo ancora. Parliamo spesso dell’Italia e del campionato. Un giorno mi piacerebbe avere una chance in Serie A”. 

Con la nazionale del Ghana il difensore ha totalizzato 63 presenze. E in carriera ha girato l’Europa. In Ligue 1 con l’Evian: Ho sfidato Ibrahimovic. È una forza della natura”. L’Anzhi in Russia e oggi gli USA: “Ho marcato anche Giovinco. Serve stare attenti ai suoi dribbling. Palla da un lato, lui dall’altro e ti supera in un attimo”. 

Meteora in Italia, Mensah è diventato leader in MLS. A dargli i giusti consigli ci ha pensato Celeb Porter, allenatore del club ed ex giocatore che ha riportato il titolo in Ohio per la seconda volta dopo 12 anni. “Se penso al nostro stile di gioco e alle caratteristiche degli attaccanti – racconta Pizzuto – questa squadra mi ricorda un po’ il Napoli. Giochiamo pure con lo stesso modulo. Non eravamo tra i favoriti per la vittoria finale, ma ce l’abbiamo messa tutta. Mensah è il nostro Koulibaly. Gli esterni Santos e Diaz per fisicità e movimenti sembrano Insigne e Lozano”. 

Columbus, la rinascita dopo l'incubo fallimento

Quello dei Columbus è un progetto di rilancio partito nel 2017. La franchigia rischiava di spostarsi in Texas e il club di scomparire. Sono stati i tifosi a salvare la squadra: “Avevamo problemi economici. I tifosi si sono uniti – racconta Federico – e hanno cercato degli investitori pronti ad acquistare la società. Ci sono riusciti. Si è iniziato a puntare sui giovani provenienti dalle università e sulle infrastrutture. Il nuovo stadio sarà pronto la prossima estate, così come il centro sportivo”. 

Il campionato è ripartito ad agosto nella bolla di Orlando. Poi i playoff e il cammino verso la finale: “Il Covid ci ha decimato. Abbiamo perso tanti calciatori importanti. Prima della semifinale ci siamo allenati solo tre giorni. In finale Nagbe e Pedro Santos, due dei nostri giocatori più rappresentativi, erano a casa per colpa del virus. Dovevamo essere più forti delle difficoltà. Il pubblico ci ha aiutato ancora una volta. Abbiamo avuto la fortuna di giocare la finale nel nostro stadio con parte dei nostri tifosi. È stato bellissimo”. 

La squadra non ha potuto condividere il successo con la gente. Si sono ritrovati tutti nei pick-up ed è partito il corteo: “Una scena bellissima. Il calcio fino a qualche anno fa era il quinto sport del Paese. Siamo felici di aver regalato grandi emozioni a chi ci segue”. Federico e Joathan si emozionano quando ripensano al passato. Il loro sogno americano adesso è realtà.

Giovanni Mazzola

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