Ariedo Braida usa spesso il termine “valori”. Il suo segreto per vincere sta tutto lì: “Saper trasmettere i giusti valori, che devono emergere nei momenti di difficoltà”. Parola di un direttore che ha alzato sei Champions League: l’ultima nel 2015 con il Barcellona, preceduta da cinque con il Milan. Ed è proprio dai rossoneri che comincia la nostra chiacchierata, cercando una chiave da cui ripartire dopo il derby contro l’Inter, perso 5-1: “Non ho la bacchetta magica, ma alla squadra direi che è il momento di ricompattarsi e non far chiacchiere. Bisogna stare in silenzio, allenarsi e lasciar parlare il campo. Il Newcastle incombe, sarà una partita importante e internazionale. La Champions è nel DNA di questo club: serve superare lo shock del derby ed essere pronti mentalmente. Vincere è facile, perdere è difficile: le squadre forti dimostrano il loro vero valore quando le cose non girano”.
“Dopo questa partita, vien da pensare ‘l’e’ tutto da rifare’, citando Gino Bartali. Non è così, ma con l’Inter sono emerse criticità intrinseche, tecniche e caratteriali, e credo che l’allenatore avrà capito”. La cura a queste situazioni, per Braida, si chiama esperienza: “Il calcio non è matematico, è approssimativo. Tutti commettiamo errori, ma chi vive il calcio da più tempo tende a sbagliare meno. Per questo a un Milan così giovane forse servirebbe una figura esperta, che abbia già vissuto certi momenti e li sappia gestire”. La domanda vien spontanea: “Tornerebbe al Milan?”. Braida sorride, con semplicità: “Se mi dovessero chiamare come farei a dire di no? Il Milan è il Milan, è nel mio cuore”.
Braida e il Milan, il legame è scritto nella storia. Non a caso, quando analizza il derby, l’ex direttore usa ancora il “noi”. Prima persona plurale, come non fosse mai andato via: “Ha vinto un’Inter spumeggiante e organizzata. A parte una ventina di minuti nel primo tempo, siamo stati in difficoltà costante. Nel momento migliore del Milan è arrivato il 2-0 e c’è stato un crollo sotto il profilo dell’organizzazione difensiva: non abbiamo mantenuto gli uno contro uno ed è finita in imbarcata”.
Accanto a Galliani, Braida è stato l’uomo a caccia di talento per il Milan di Silvio Berlusconi: “Ho visionato tutti i giocatori personalmente”. Lo scouting, nella maniera più classica: “Sono del parere che i giocatori debbano essere scelti dai dirigenti, non dagli algoritmi. Penso che l’uomo sia al centro dell’universo: l’algoritmo è stato creato dall’uomo e non può sostituirlo. Poi un dirigente può sbagliare, ma con l’esperienza il margine di errore si riduce”. Il Milan, d’altro canto, crede nelle nuove tecnologie e ha adottato il ‘metodo-Moneyball’. Una strategia voluta dal presidente rossonero, Gerry Cardinale, che ha detto di ispirarsi proprio a Berlusconi: “Replicare quel che ha fatto il presidente più vincente della storia del calcio non sarà facilissimo”, commenta Braida. “Per me Silvio è stato ‘Il Presidentissimo’, un uomo di enorme carisma, che per certi aspetti ha cambiato l’Italia. Unico, visionario. Spero, un giorno, di ritrovarlo: sono convinto che prima o poi ci incontreremo in qualche stadio a vedere una partita di calcio insieme”.
Il trio Berlusconi-Galliani-Braida si sarebbe potuto riunire, proprio pochi mesi fa: “A inizio giugno era stata ventilata una possibilità di firmare con il Monza, ma dopo la morte del presidente sono cambiate alcune dinamiche. La trattativa non è entrata nel concoreto, ma guardo avanti”. E infatti, Braida ha subito messo lo zampino in due operazioni dell’ultimo calciomercato, aiutando l’amico Guido Angelozzi, direttore del Frosinone: “Reiner è arrivato in Italia dal Real Madrid anche grazie al mio rapporto con Ancelotti. Carlo sa che la Serie A potrebbe essere un buon campionato per rilanciare un talento del genere, su cui il Real aveva investito tanto. E poi ho convinto Okoli, che era stato un mio giocatore alla Cremonese”.
La voce si addolcisce, a parlare di Cremona: “In poco tempo, mi è rimasta nel cuore. Ho creato un rapporto bellissimo con questa realtà, i tifosi e il patron. Sono contento di avere contribuito a riportare la Cremonese in Serie A dopo ventisei anni. Sono arrivato a fine 2020 con la squadra ultima in Serie B: ci siamo salvati e l’anno dopo siamo stati promossi. Il segreto? Creare un ambiente dove ognuno si senta a suo agio: da direttore devi saper trasmettere quei valori indispensabili per trasformare un insieme di giocatori in un gruppo vincente. L’umiltà, il sacrificio, il lavoro, il sorriso. Oggi si vince e si perde in gruppo, con la collaborazione di tutti, anche dei tifosi. E a Cremona ho trovato dei tifosi unici”. La chiude così Ariedo Braida, con i ricordi della sua ultima avventura. In attesa di una nuova chiamata che possa fargli illuminare gli occhi: “Io sono pronto”.
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