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Atlético-Real Madrid, il derbi capitale che rivoluzionerà la Liga

“Partido a partido”. In questa stagione da primatista praticamente indiscusso di Liga, il Cholo Simeone è sembrato un disco rotto. Ogni singola volta che qualcuno gli ha chiesto se si considerasse favorito per vincere il campionato, lui ha risposto che l’unica cosa che gli interessa è il prossimo incontro. Sincero o no, gira che ti rigira alla fine ha avuto ragione: la prossima partita, il derbi cittadino col Real Madrid (oggi, 16:15), sarà davvero la più importante perché, qualsiasi sia il risultato, dopo di essa la lotta per il titolo non sarà più la stessa.

L’Atlético Madrid è primo in classifica a 58, con il Real che cercherà di accorciare la distanza di 5 punti che separa le due squadre. In mezzo, a 2 unità dalla capolista, c’è il Barça, vittorioso ieri con l’Osasuna e conscio che oggi non c’è risultato che lo penalizzi. Ai colchoneros, tuttavia, rimane una partita da recuperare mercoledì prossimo con l’Athletic Bilbao: se le vincessero entrambe il vantaggio acquisito saprebbe già di trofeo in bacheca; se le perdessero entrambe la Liga diventerebbe il campionato più aperto d’Europa.

Nonostante le premesse, non dovrebbe sorprendere che Simeone abbia detto che la partita non valga altro che “tre punti” e che “ci sarà molta Liga davanti” dopo di essa. Un’affermazione magari non troppo veritiera, ma nemmeno del tutto sbagliata, per lo meno per quanto riguarda l’Atlético. Per il Real Madrid, invece, una sconfitta significherebbe un quasi certo abbandono della corsa per la Liga.

Quale Atlético per il derbi?

I numeri, sempre ottimi per predire il passato ma spesso poco d’aiuto per il futuro, dicono che il Real Madrid non dovrebbe avere problemi oggi. L’Atlético non vince un derbi di Madrid da quattro anni, e in questo secolo ha sconfitto i blancos in casa propria solo una volta, nel 2015. Mai, però, al Metropolitano, sede della gara odierna e nel quale il Real ha il primato di essere l’unico club spagnolo a non aver mai perso.

Ma i rojiblancos di questa stagione sono una squadra molto diversa da quella degli anni precedenti: più sicura di sé e, soprattutto, molto più propensa a cercare il predominio del gioco attraverso il possesso del pallone. Tuttavia, fu giusto nel picco della crescita del nuovo Atlético che i colchoneros persero il derbi di andata, e lo fecero proprio difendendosi alla vecchia maniera — tradendo, insomma, quei principi di bel gioco che li avevano spinti così in alto.

“Porto via tanti insegnamenti da questa sconfitta, disse a seguire il Cholo, come a sottolineare che la scommessa su un gioco più remissivo non pagasse più ormai. Un’idea rafforzata da un ultimo periodo in cui l’Atlético ha dato l’impressione di vivere una piccola crisi d’identità — specialmente dopo la gara contro il Chelsea, persa applicando quello stesso stile di gioco ultradifensivo che non aveva aiutato col Real. 

Starà all’Atlético, dunque, dimostrare cosa ha imparato dal suo percorso, e propio dai risultati di questa analisi dipenderà l’andamento della gara. Lasciare che sia il più bisognoso Real a cercare il gol per primo, o prendere in mano la partita assecondando la vocazione al gioco associativo mostrata quest’anno?

Il destino è nelle scelte del Cholo, che magari riceverà una mano a decidere dal rientro di Trippier, la cui assenza per squalifica era coincisa con questa piccola perdita di rotta dei suoi. E non sembra un caso.

Meglio il Real?

“Ogni sera morivo e ogni sera nascevo di nuovo, resuscitato”, è una frase pronunciata da Edward Norton in Fight Club, ma che funziona bene per descrivere la stagione di un Real Madrid che sta alternando alti e bassi, sembrando un momento alla deriva ed un altro indistruttibile, ma riuscendo comunque a rimanere sempre a galla. Per sfortuna dell’Atlético, fra le partite che non ha sbagliato ci sono quasi tutte quelle dove la posta in palio era altissima. E oggi è una di quelle.

Tornando alla corsa al campionato, risale a un mese fa la conferenza stampa più esplosiva della carriera di Zidane, in cui il francese si ribellò ai rumori che lo volevano fuori dalla panchina bianca e rivendicò il suo diritto a lottare per una Liga di cui è campione in carica. Come un terremoto, quelle parole hanno scosso il suo Real, che si è rialzato dopo un momento di flessione e ha ripreso un cammino più regolare (cinque vittorie e un pareggio nelle ultime sei).

Oggi i merengues sembrano la squadra nel miglior stato di salute fra le due e, visto che di quello si parlava, quella con l’identità meglio definita. Perché, nonostante i gol segnati ultimamente siano pochi (mai più di uno nelle ultime tre), la difesa sembra essersi sistemata e il palleggio che riescono a strutturare Modric, Casemiro e Kroos rimane difficilmente contrastabile dai rivali di ogni livello. 

Per un mix di tutti questi fattori, probabilmente il Real parte con un piede avanti in un confronto comunque molto, molto aperto.

Os meninos de ouro reclamano le prime pagine

È da entrambi i lati, in realtà, che il gol non si sta trovando con facilità: se nell’Atlético Suárez non segna da 5 gare e nel Real Madrid l’indispensabile Benzema (pur tornato fra i convocati) rimane in dubbio, allora è ai giovani che andrà il compito di farsi grandi. I motori, da un lato e dall’altro, sono già caldi.

Sul fronte rojiblanco, nell’ultima partita João Félix ha segnato il gol della sicurezza contro il Villarreal, mandando poi con rabbia a zittire i suoi detrattori invece di esultare. Lasciate alle spalle qualche panchina e delle prestazioni deludenti, è dunque il suo momento di prendere in mano l’Atleti.

Servirà superare anche il suo personale blocco da derbi, che in quasi due anni non gli ha fatto registrare né un gol né un assist contro il Real Madrid. L’ultimo fu quello d’andata, quando Simeone lo sostituì nonostante ci fosse da recuperare il risultato. Acqua passata, visto che l’allenatore colchonero ha detto di lui in conferenza che “è un talento speciale, che può tirare fuori qualcosa che in questa partita nessuno ha”. Che tradotto signfica: “sei bravo, ma ora dimostralo”.

Niente polemiche, ma discorso simile per Vinicius, spesso la scarica elettrica nel Madrid, ma anche molto criticato per l’inefficacia sotto porta. Anche il brasiliano però viene dall’aver segnato un gol decisivo, quello per il pareggio con la Real Sociedad. Un ottimo modo di festeggiare la presenza numero 100 con la maglia bianca — a soli 20 anni, è un record di precocità superato solo da Casillas, Raúl e Camacho. 

Fra l’altro, Vini è uno che di gol che fanno vincere i campionati ne sa qualcosa: chiedere al Barça, che l’ha provato sulla sua pelle nel clásico di ritorno della scorsa stagione.

Fra i due litiganti…

Eccolo, appunto, il Barcellona, sereno a due punti dal paradiso e pronto a conoscere oggi il suo nuovo presidente. Nell’attesa, finora il ruolo da portavoce del club se l’era preso Ronald Koeman, l’unico blaugrana ad averci messo la faccia per spiegare ai tifosi le innumerevoli sciagure culé.

In quel caso nei panni dell’uomo di campo, due giorni fa gli hanno chiesto chi preferisse che vinca il derbi. “La squadra che sta più in basso”, ha risposto. Cosa fa la voglia di vincere un titolo: un allenatore del Barcellona che tifa per il Real Madrid. Ma è anche questo il bello di questa Liga, fra le più sorprendenti della sua storia recente. E ancora manca il finale.

Di Antonio Cefalù

Andrea Molinari

Nato a Verona nel 1998, il mio primo ricordo vivido legato al calcio è Shevchenko che sbaglia un rigore contro il Bayern Monaco. Grazie a lui (e anche a Kakà) da piccolo mi sono innamorato del pallone. Ma lui non lo sa. Sì, perchè ho giocato anche, purtroppo senza risultati. Nato attaccante, sono finito a fare il terzino: di solito succede a quelli con i piedi quadrati. Oggi provo a dimostrare questo amore scrivendo.

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