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Davies, “winning attitude”: la rivoluzione del Nord America

Non avesse fatto il calciatore probabilmente sarebbe diventato una star dei social. In numeri: oltre 4 milioni e 200 mila follower fra Instagram e TikTok. Tutti lo amano per la sua irresistibile ironia. Dentro al campo, però, si trasforma. Alphonso Davies è un predestinato. A 15 anni giocava in MLS, a 16 esordiva in nazionale col suo Canada, a 18 anni il Bayern Monaco pagava venti milioni ai Vancouver Whitecaps per acquistarlo. Il 17 marzo 2019 Davies segna il suo primo gol in Bundesliga diventando il più giovane marcatore degli ultimi vent’anni della storia del club bavarese. Not bad.

Questo per Davies è stato l’anno della consacrazione. 43 presenze stagionali per il classe 2000 che non ha ancora compiuto vent’anni. Negli USA era un esterno sinistro alto, in Germania si è trasformato. Kovac lo ha plasmato terzino, Flick gli ha dato le giuste indicazioni per sfondare. Corsa, tecnica, muscoli. È riuscito a oscurare un talento puro come Haaland nel Klassiker di maggio, in Champions contro Chelsea e Barcellona ha dato spettacolo. Semedo ha ancora mal di testa, Messi e Vidal hanno fatto fatica a superarlo.

Difende preciso, quando attacca è spregiudicato. Il classe 2000 ha una doppia anima. Alphonso è nato a Buduburam, in un campo profughi nel Ghana. I suoi genitori fuggivano dalla guerra civile in Liberia. A 5 anni la famiglia Davies si è trasferita in Canada. Alphonso nel 2015 dirà di non ricordare nulla della sua vita precedente fatta di povertà, fame e sacrifici. Inizierà a giocare per una scuola calcio completamente dedicata ai bambini delle inner city (quartieri poveri delle città del nord America). Quando compie 14 anni i Vancouver Whitecaps lo portano in squadra. “Il ragazzo aveva un dono. Non era solo l’atletismo, ma l’atteggiamento mentale”. Parola del suo primo allenatore a Free Fotie.

Ecco perché Alphonso Davies è riuscito a essere quello che è diventato. Per la sua caparbietà. Winning attitude. Come se avesse voluto riprendersi con gli interessi tutto quello che la vita aveva tolto alla sua famiglia. Adesso il suo nome è sulla bocca di tutti. Simbolo di una scuola di talenti, quella nordamericana, che sta producendo i suoi migliori frutti.

Da Christian Pulisic, stella del Chelsea, al quasi diciottenne figlio d’arte Giovanni Reyna che sta trovando sempre più spazio al Borussia Dortmund. Passando per Weston McKennie, primo rinforzo della nuova Juventus di Pirlo. E ricordando l’erede di Osimhen a Lille: Jonathan David, canadese classe 2000 che arriva dal Gent per 32 milioni. La lista potrebbe allungarsi se aggiungessimo i giovani Sergiño Dest dell’Ajax, Tyler Adams del Lipsia, Josh Sargent del Werder Brema. La nuova onda del Nord America ha investito il grande calcio europeo.

La rivoluzione d’oltreoceano è appena cominciata. I talenti nord americani hanno tutte le carte in regola per fare bene. Lo scoprirà la Juve con McKennie, ne darà ulteriore conferma il Bayern Monaco con Davies. Che dopo aver fatto il Triplete si gode qualche giorno di vacanza a Ibiza con la sua Jordyn, calciatrice del PSG. Fra una foto su Instagram e un video su Tik Tok visto da milioni di persone. Spensieratezza di un millennial. Per fortuna che Davies ha fatto il calciatore.

Giovanni Mazzola

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