Bello di mamma, libertino, romantico: Carrasco, dal freestyle al “beso” di San Siro
Il primo bacio non si scorda mai. Figurati, poi, un “beso” in finale di Champions. Romanticone, Carrasco. Imprevedibile. “In campo, come nella vita”. Cit. Nereo Rocco. Pazienza, però. Soprattutto per quella Coppa sfumata nuovamente. Supplementari? No, stavolta rigori. Amen. Corazón Colchonero fino alla fine però. “Nunca dejes de creer“. E anche oltre semmai, roba da Cholo Simeone. Carrasco, dicevamo. Nota lieta del cholismo e della notte di San Siro, l’emblema di ciò che poteva essere ma non è stato.
Eroe? Quasi. Spuntato dal nulla per pareggiare i conti col Real e poi filato via dalla fidanzata, la bella Noemi. Gesto imprevedibile, come lui. Poi i rigori, Cr7-gol e le lacrime dell’Atletico. Buio. La Champions sfuma così. Ma occhio alla luce, la speranza per l’Atletì che verrà: Yannick Ferreira Carrasco (’93). Giocatorino niente male, anzi. Giocoliere, dribblatore, freestyler. Celebri la sue sfide ai tempi del Monaco, tutto di suola. Retaggi giovanili: “Andavo con mio nonno a giocare al parco, ci restavo per ore! Ho imparato per strada”.
Già, la strada. Infanzia difficile a Vilvoorde, Belgio. “E allora com’è che parla così bene lo spagnolo?”. Cronisti stupiti, ma Carrasco è cresciuto in una delle maggiori colonie andaluse del paese. Lui, i 3 fratelli e mamma Carmen. Spiegato l’inspiegabile. Il papà? Scappato via: “Non lo vedo da circa 15 anni…”. Resta la madre, la “persona più importante”. Tanto da dedicarle diverse reti: “Buon compleanno mamma, j’e t’aime”. Parole che dicono tutto: “Non sarei qui se non fosse per lei”. Frasi fatte? Stavolta no, basta guardare una delle clausole del suo contratto con l’Atletico: il club è obbligato a pagare un biglietto aereo alla madre ogniqualvolta abbia voglia di andare a trovare il figlio.
Legami forti, che vanno oltre. Nonostante qualche voce: “La madre tifava Real…”. Carrasco glissa e non smentisce: “Ognuno di noi tifa una squadra”. Prima il Genk, via di casa ad 11 anni: “Mi ha aiutato a crescere, non sapevo una parola di fiammingo”. Scherzi e ragazzate coi compagni di stanza: De Bruyne e Courtois. Non proprio due carneadi. Poi, a 17 anni, l’arrivo a Monaco: “Capii immediatamente che sarebbe diventato un professionista. Aveva il fisico di un gamberetto, ma piedi fatati“. Parole di Stephan Pauwels, l’ex scout dei monegaschi che portò Carrasco nel Prinicipato. Bene bene qui: prima la Coppa Gambardella, poi l’esordio con Ranieri grazie ai consigli dell’amico Dirar. Come fratelli i due, legatissimi: “Nabil mi dava sempre un passaggio dopo l’allenamento, non mi faceva prendere l’autobus”. Ride, Carrasco. Poi racconta e spiega: “Mi ha impedito di fare stupidaggini”. Conneries, termine di facile intuizione.
Oro di Monaco e di tutta la Ligue 1. Yannick è gioia pura, si destreggia lungo l’ala con dribbling da “fenomeno”. I giornali impazzisco. A volte è un po’ lezioso, gli allenatori lo bacchettano e lui incassa a malincuore. Siglando, poi, gol da cineteca: Ranieri, ricordi? Numero contro l’Angers in Ligue 2. Preludio di ciò che sarà qualche stagione dopo, quando verrà cercato dalla Roma. Dribblomane. Difficile reprimere una natura simile, strafottente e libertina. Perché quando sei così, un po’ fumantino e allergico ai moduli di base, gestirti può diventare un bel problema. Ma Carrasco non è un enfant terrible: in breve tempo diventa un esterno da 4-3-3 o da 4-4-2, ora il Cholo lo utilizza per “spaccare le partite”. Metamorfosi “ovidiana e carraschiana”.
Ma? Pochi gol, il suo difetto più grande. Un pecca. Col Monaco ne sigla 20 in 3 anni. E in estate arriva la chiamata dell’Atletico: “Durante la trattativa Simeone mi chiamò, ne rimasi colpito”. Rigido? “Non tanto, in campo mi lascia fare quello che voglio, basta che lo faccia bene”. Col Real bene in effetti, Danilo non l’ha visto proprio mai. Un punto fermo da cui ripartire, il nuovo inizio dell’Atletico. Sfiorando la storia e una Champions da favola. Peccato, magari lo sarà in futuro. Magari proprio all’Europeo (e contro l’Italia…). Aspettando il prossimo “beso”. Parola di quel romanticone di Carrasco.