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Data: 30/06/2017 -

Dalle Regionali alla Serie B. Anzi no, perché quest’anno mancano i fondi…le parole di Giulia Piva

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Il primo -e forse unico- motore del calcio femminile è la passione. I soldi (pochi) sono inversamente proporzionali ai sacrifici e purtroppo, talvolta, non non bastano. Senza ipocrisie di facciata, le difficoltà che incontrano le donne che hanno una tale affinità col pallone, coi tacchetti e col gol, tanto da poterla trasformare in professione, sono parecchie e sembrano spesso insormontabili. E' frequente che le società, specialmente le più piccole, dipendano da finanziamenti per poter affrontare le spese per le divise, i materiali, le quote di iscrizione ai diversi campionati e le trasferte. Questo “fango burocratico" e la quasi totale assenza di visibilità, nella peggiore (e non isolata) delle ipotesi costringono a chiudere club che in prospettiva potrebbero giocarsi titoli importanti. E’ il caso dell’US Azzurra Calcio femminile di Trento, di cui abbiamo parlato con Giulia Piva, centrocampista ventunenne della squadra, delusa e amareggiata dalla realtà in cui versa il club.

“Quest’anno non potremo affrontare il campionato di Serie B. La crisi economica ha colpito anche il nostro Comune e il contributo che di solito ci permette di affrontare le spese annuali per poter giocare sembra non arriverà. Dipendiamo purtroppo da un finanziamento pubblico perché sponsor è difficile trovarne. E lo è ancora di più capire come muoversi. Il girone in cui eravamo quest’anno, per fare un esempio, era in Lombardia e la trasferta Trento-Milano è costosa. Iniziare un campionato senza avere la garanzia di arrivare fino in fondo sarebbe una vera follia”.

Sembra surreale che un paese come l’Italia, che respira il calcio a pieni polmoni, consenta che l’ossigeno sia inesauribile e rinnovabile solo per il settore maschile, mentre, come sottolinea Giulia: “Le bambine interessate a questo sport trovano difficoltà oggettive fin da subito nel poterlo sperimentare e ancor di più coltivare. E’ una continua lotta contro stereotipi e pregiudizi, nonostante sia tangibile la costante crescita del livello tecnico e tattico del settore”.

Se ci si mette nei panni di queste giocatrici, che si sono conquistate la salvezza sul campo e ora rischiano di dover rinunciare, si fatica proprio a mandarlo giù. Ed è ancora più dura per loro, perché come tiene a dire Giulia: “In campo noi scendiamo per dare il massimo senza chissà quali ricompense economiche. Le nostre ricompense le troviamo nelle emozioni di un gol allo scadere, nella vittoria di una partita, nell'abbraccio di gruppo prima di sfiorare il prato verde. Ma soprattutto nei sorrisi e negli abbracci delle persone che ci seguono ogni singolo giorno per dieci mesi: le stesse che, con un nodo in gola, poche settimane fa ci hanno dato questa brutta notizia”.

Così è, se vi pare, direbbe Pirandello. Ma l’opera teatrale venne rappresentata esattamente 100 anni fa. Non è un tempo sufficiente per cambiare le cose?



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