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Data: 27/10/2016 -

Che storia Fabio Caserta: “Io, karateka e parrucchiere mancato, sono l’esempio che nel calcio tutti ce la possono fare”

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Ah, la vita. Ti dà e ti toglie, prende e restituisce. Spesso riserva delle sorprese. Imprevisti. Piacevoli o meno che siano, danno alla vita quel pizzico d’imprevedibilità. Capita di non sapere cosa farai oggi, domani, nel futuro. O, addirittura, di non sapere cosa la vita si aspetta da te e cosa, invece, tu debba aspettarti dalla vita. E allora accade che un giorno a 18 anni ti ritrovi a lavorare come parrucchiere, con un diploma in mano e tanti punti interrogativi. Un po’ come accade a tanti ragazzi comuni. Ma dopo qualche anno, un po’ a sorpresa, ti ritrovi a giocare in Serie A. Sembra incredibile, ma tutto questo è successo sul serio. Il protagonista della storia? Fabio Caserta. Professione? Calciatore, ieri. Oggi studia per diventare allenatore, è il vice di Gaetano Fontana alla Juve Stabia. Ben 135 presenze e 13 gol in Serie A, 363 partite giocate tra i professionisti. E pensare che a 18 anni, invece che a un pallone, i calci li tirava ai suoi avversari. Avete capito bene! “Sì, praticavo il karate – racconta Caserta a GianlucaDiMarzio.com – ed ero anche molto bravo. Soltanto che, pur vincendo tantissime gare, il mio istruttore non mi faceva passare alle cinture superiori. E dopo un po’ decisi di smettere. Era l’anno del diploma, avevo 18 anni e lavoravo come parrucchiere. Ma dovevo prendere una decisione di vita, decidere cosa dovevo fare. Anche perché mia madre pressava”.

Ed allora il destino lo ha indirizzato al calcio, con un percorso non comune per un giocatore arrivato fino in Serie A: “Ogni calciatore ha nel suo curriculum un inizio in un settore giovanile. Io no. Fino a 18 anni non ho mai giocato a calcio, neanche m’interessava. Al massimo qualche partita per strada con gli amici. Poi ho iniziato a giocare in Eccellenza nella squadra del mio paese. Facevo un po’ di juniores e un po’ di prima squadra ma l’allenatore non puntava molto su di me ed andai via. L’anno dopo provai da fuoriquota in Serie D, più o meno con gli stessi risultati. La stagione successiva, avevo 20 anni, andò meglio e passai poi in Serie C2 all’Igea Virtus. Da lì è nato Fabio Caserta, perché poi sono passato dopo quattro stagioni al Catania e in rossazzurro ho conquistato la Serie A. Io sono l’esempio che nel calcio tutti ce la possono fare, basta crederci”. Che storia. A 18 anni karateka, a 26 calciatore di Serie B. Destino? Sì, ma non solo. Anche qualche scelta azzeccata, grazie ai consigli del papà. “Quando ero all’Igea Virtus mi arrivarono due offerte importanti. La prima dal Catania, in Serie B, ma con un contratto basso. La seconda dal Teramo, era Serie C1 ma mi offrivano il quadruplo dell’ingaggio. Papà mi disse ‘non pensare ai soldi, vai in Serie B’. Ebbe ragione e ancora oggi lo ringrazio perché la vittoria del campionato di Serie B col Catania mi ha cambiato la vita”.Tipo tranquillo Caserta. A 18 anni il calcio è entrato nella sua vita e non l’ha più abbandonato. “Hobby? Non ne ho. Mi piace stare con le mie due bimbe e in famiglia. Poi passo tanto tempo con gli amici ma in serate tranquille. Ne ho trovati tanti a Castellammare, qui alla Juve Stabia c’è una grande famiglia. E’ questo il vero segreto di questa società”.

Ed ora una nuova vita per lui, in panchina. “L’anno scorso ho iniziato da collaboratore tecnico ma avevo tanta voglia di giocare ancora, non lo vedevo quindi come un possibile lavoro futuro. Quest’anno, però, mi sono tuffato in quest’esperienza con grande entusiasmo, anche grazie a Gaetano Fontana e alla società che mi hanno fatto sentire partecipe. Lasciare il campo per me era troppo difficile, quindi ho deciso di ricoprire un ruolo tecnico piuttosto che dirigenziale. Quando stai bene fisicamente è dura staccare, il consiglio che do a tutti è di continuare finché c’è passione e voglia di sudare. A me è dispiaciuto smettere ma arriva un momento in cui ti rendi conto che l’età passa per tutti”. Il suo percorso da allenatore è iniziato lì dove si è interrotto quello da calciatore, alla Juve Stabia. “Stiamo facendo benissimo, finalmente la gente di Castellammare è ritornata allo stadio. La curva è il cuore pulsante di questa squadra, quando non la senti cantare significa che c’è da preoccuparsi. La geyser dance? E’ uno spettacolo, un’emozione unica. Coinvolge tutto lo stadio e i calciatori. Castellammare vive di calcio e noi stiamo facendo di tutto per riportare i tifosi al Menti”. E per il futuro lancia una scommessa: “Segnatevi questo nome, Alessandro Mastelli. Se non arriva in Serie A significa che di calcio non ci capisco nulla!”.

E quanti ricordi in carriera, soprattutto con gli allenatori: “Pasquale Marino mi ha dato tanto, ha puntato su di me a Catania. Antonio Conte? L’ho avuto a Bergamo, mi ha fatto giocare poco ma l’ho apprezzato per la sua sincerità. Mi disse che non ero adatto per il suo 4-2-4 ma che, con impegno, mi sarei guadagnato un po’ di spazio. E infatti alla fine mi fece giocare. Fontana lo paragono un po’ a Conte, come lui è un martello pneumatico che non si ferma mai”. E poi il campo, tra compagni e avversari: “Ho giocato con Cavani, quando era molto giovane e faceva fatica persino a parlare. Giocava poco all’inizio perché Amauri fece un campionato straordinario. Ma nei test atletici il prof doveva fermarlo, era una forza della natura. L’avversario più forte? Sicuramente Kaka, nell’anno del Pallone d’Oro. Non lo prendevi mai. E poi c’era Pirlo: una volta lo marcai a uomo, a fine partita dovetti prendere un aulin!”. E poi ci sono gli idoli, tra campo e panchina: “Quando giocavo m’ispiravo a Perrotta, mi piaceva inserirsi come faceva lui per fare gol. Il calciatore s’immedesima e guarda nel ruolo specifico chi gioca meglio. Come allenatore ancora non so a chi ispirarmi ma mi piace molto l’idea di gioco che attua Fontana. Ma ho sempre avuto un debole per Ancelotti, riesce a tirare fuori da ogni calciatore quello che vuole. Ed oggi, la cosa più importante, è saper gestire il gruppo”.

E per il futuro c’è ancora tanta voglia di imparare… “Sì, perché non è detto che un calciatore diventi poi allenatore così facilmente. Quando sei giocatore ragioni per te stesso, mentre quando alleni devi farlo per 25 persone. E’ la prima cosa che mi ha insegnato Fontana. Quindi ora sto ripartendo da zero, ho molto da imparare”.

Un nuovo inizio, per Caserta. Come spesso è accaduto nella sua carriera. Ma sempre con lo stesso spirito combattivo di un tempo. Di quel Fabio che, da karateka e parrucchiere mancato, si è conquistato un grande percorso da calciatore.



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