Il lampo di Ceccaroni, che salta più alto di tutti e fa 1-1. Lui, il difensore nato a Sarzana in provincia della Spezia, cresciuto nello Spezia e in gol proprio contro i bianconeri – ma ha esultato come un forsennato: prima gioia in Serie A con la maglia del Venezia, che nel 2019 gli aveva dato fiducia in un momento delicato di carriera per poi rilanciarlo tra i protagonisti della promozione.
Era finita 1-1 anche l’ultima partita al vecchio stadio Penzo nella massima serie: 28 aprile 2002 contro il Torino, gol di Pippo Maniero e Fabio Galante. Era finita 1-1 anche la gara della storia, lo scorso maggio contro il Cittadella, nel segno di Bocalon. Verso le porte del grande calcio, oggi.
Invece è spuntato Mehdi Bourabia. Dalla panchina, palla al piede. Spazzando via ricordi, sogni e sorrisi lagunari in un colpo solo: siluro all’incrocio dei pali all’ultima azione di gioco, che regala i primi tre punti della stagione alla squadra di Thiago Motta. È la dura legge del gol. Al Venezia resta dapprima il silenzio, poi il caldo applauso dei suoi tifosi. E si capisce: l’ultima volta che hanno visto la squadra allo stadio era stato a ottobre scorso, mezza pandemia fa, un rotondo 4-0 al Pescara. Bellissimo, ma in Serie B, quando nessuno ancora osava accarezzare l’idea dell’impresa.
Quindi oggi a Venezia doveva essere festa. E festa è stata, più forte dell’amarezza del risultato. Dal prepartita tra calli e bàcari del centro storico, nonostante il cielo minacciasse marùbio, un tempaccio, come all’ultimo atto dei famosi playoff – e poi basta con le analogie. Lontano il vocìo dei turisti: il tormentone della settimana è “Se segna Okereke”, idolo all’istante dopo il coast-to-coast in casa dell’Empoli. Poi nelle piccole cose: al parco i bambini che fino a qualche anno non potevano che sognare con la maglietta di Del Piero o Zanetti, oggi vestono Aramu.
E oggi Venezia ha ritrovato la sua casa: il Pier Luigi Penzo, ovvero miracolo in 100 giorni. L’impianto costruito nel 1913 – solo il Ferraris di Genova è più antico in Italia – sull’ultima estremità della città d’acqua, suggestivo teatro di palloni finiti in gol e in canale, da Valentino Mazzola al Chino Recoba. In base alle norme vigenti l’esame Serie A sembrava fuori portata, anzi impossibile, diceva la gente da queste parti coltivando l’eterna illusione dello stadio in terraferma. Poi Andrea Cardinaletti, special advisor delle infrastrutture per il club arancioneroverde, inizia a progettare i lavori di restauro dal giorno in cui i ragazzi di Zanetti festeggiavano la promozione in gondola. Bisogna ripensare tutto. Ingressi all’impianto, luci, interni e tribune, passate da 7.500 a 11.150 posti. La Lega A concede le prime tre gare in trasferta, il Venezia a sua volta si cautela riservandosi la possibilità di giocare al Mazza di Ferrara in concessione.
Si è dovuto attendere il via libera fino a martedì, a cinque giorni dal debutto interno contro lo Spezia. Oggi i tifosi sono finalmente entrati nella loro nuova casa: i segni del tempo ancora riconoscibili, ma limati dall’onda arlecchino dei seggiolini arancioneroverdi, un colpo d’occhio con la laguna sempre ben visibile sul retro, ad abbracciare lo stadio. Brividi, durante l’inno della Serie A. E al calcio d’inizio. E al gol di Ceccaroni. E al gioco proposto da Zanetti, sempre coraggioso nonostante una partita in salita poi raddrizzata. Il fatto è che nel grande calcio basta un attimo. Una prodezza o forse due, Bastoni-Bourabia. Da qui a maggio sarà durissima. Venezia non aspettava altro.
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