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Tuchel, l’allenatore-filosofo. Il suo pensiero liquido alla prova Bayern

Edward De Bono ha scritto: “Spesso riesci a vedere un’opportunità solo dopo che qualcun altro l’ha colta al posto tuo“. In queste ore, mentre sta per diventare il nuovo allenatore del Bayern Monaco, Thomas Tuchel avrà ripensato a questa frase, formulata da uno dei suoi filosofi preferiti. 

Nel 2018 aveva già un accordo col Paris Saint-Germain, e decise di rispettare l’impegno rifiutando l’offerta del Bayern. Lo raccontò a L’Equipe, forse nascondendo il rammarico per quell’occasione mancata. Ora firmerà un contratto da due anni e mezzo: un progetto a lungo termine, l’attestazione di fiducia di uno dei più grandi club del mondo. Ma Tuchel dovrà incidere subito, fin dalle prossime settimane, e riuscire lì dove Nagelsmann rischiava di fallire. 

Il filosofo Tuchel alla prova Bayern Monaco

Il calendario della Bundesliga lo mette di fronte al Klassiker, la sfida dell’Allianz contro il Borussia Dortmund. Servirà vincere per ritrovare il primo posto in classifica, perso dopo la sconfitta contro il Bayer Leverkusen. Dortmund è una parte importante del suo passato, visto che Tuchel era sulla carta il “vero” erede di Klopp: anche lui veniva dal Mainz e coltivava idee brillanti e innovative. Non andò tutto come previsto. Ci fu anche l’attentato al pullman in cui Bartra rimase ferito e tutta la squadra sconvolta, a peggiorare la situazione. Le differenti vedute fra club e allenatore su come gestire la vicenda, raccontano i tedeschi, accelerarono infatti i tempi del divorzio. 

Formatosi alla scuola di Rangnick, appassionato di scacchi e avido lettore, Tuchel ha evocato più di una volta un episodio rivelatore del suo carattere. Nelle prime esperienze da allenatore, tendeva a illustrare la motivazione di ogni esercizio dell’allenamento. Spesso ripeteva la spiegazione anche ai genitori dei suoi giovani calciatori, accolti a colloquio. Genitori che alla lunga gli fecero capire che sarebbe stato meglio desistere, ridurre la dialettica e badare al sodo. Quando riceve la chiamata del Paris Saint-Germain, Tuchel fa riaffiorare quel ricordo: dovrà archiviare la tanto amata filosofia, diminuire le spiegazioni e trasformarsi in “gestore”. 

Un nerd che si accende facilmente

Il fallimento non getta ombre sulle sue qualità di allenatore. La Champions non arriva per colpa del Bayern a Lisbona, in uno stadio svuotato dalla pandemia. Tuchel, in stampelle per una frattura alla gamba, sfoga la rabbia contro uno sgabello a bordocampo, mostrando un volto inedito dietro a quello imperturbabile del filosofo. Il nerd che va su tutte le furie quando gli altri rovinano il suo piano perfetto: succederà anche con Antonio Conte in un Chelsea-Tottenham che si trasformerà in rissa

Proprio alla guida dei Blues, intanto, era arrivata la Champions. Un altro 1-0, sempre in Portogallo (al do Dragao), ma questa volta col sapore della rivincita per Tuchel, esonerato qualche mese prima dal PSG alla vigilia di Natale. Chi batte in finale? Il maestro Guardiola, al centro di un altro aneddoto che spiega molto del Tuchel allenatore. Storia di un colloquio in un bar in Germania, quando Thomas allenava il Mainz e Pep il Bayern: i cucchiai e le forchette usate per rappresentare i giocatori, la tovaglia come campo, Tuchel che mostra di conoscere ogni tattica del Barcellona di Messi, Eto’o e Xavi. 

Guardiola nel destino

Per uno strano scherzo del destino, Tuchel proverà a vincere la seconda Champions in un’altra stagione in cui è reduce da un esonero. E il suo percorso comincerà proprio contro il Manchester City di Guardiola, ai quarti di finale. Rimetterà insieme i pezzi della sua formazione, i suoi riferimenti culturali, da De Bono a Gumbrecht, da Rangnick fino a Guardiola e Klopp. Cappellino e tuta in stile casual, gomma da masticare per placare i nervi. Non manipolerà Muller e Mané come cucchiai e forchette, farà valere l’esperienza maturata a Parigi nella gestione dei campioni. Mescolerà l’attitudine al gioco e al possesso con la capacità di addestrare la difesa, come fece al Chelsea. Metterà di nuovo il suo pensiero liquido al servizio della vittoria. 

Andrea Monforte

Classe 2000, monzese (d’adozione), studio Lettere a Milano. Un’indomita ed ereditaria passione per lo sport (calcio, ovviamente, ma anche ciclismo), declinata in “narrazione” tecnica e sentimentale: la critica della complessità come antidoto alla semplificazione. La vaghezza del ricordo personale ha reso l’azzurro del cielo di Berlino 2006 un’indelebile traccia mitologica. Sono nato lo stesso giorno di Ryan Giggs e di Manuel Lazzari, ma resto umile.

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