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Il Torino e il “Vagnatismo”: così è partita la rivoluzione granata

Se si parla di “Vanolismo” lui sorride e glissa. Ma che una nuova filosofia con Paolo Vanoli sia entrata in casa Torino è evidente: lo dice il campo, lo dice soprattutto la classifica. Il segreto? Un meccanismo che funziona in tutti gli ingranaggi. E per tutti, si intende proprio tutti: perché un allenatore, senza una vera squadra, può faticare. E le scelte di questa estate portate avanti dal dt Vagnati sembrano premiare eccome.

 

 

La rifondazione di Vagnati

Due facce della stessa medaglia: Vanoli in campo, Vagnati (accompagnato da Moretti) dietro la scrivania. O ancora meglio, al telefono. Sempre sotto traccia, sempre discreto. Ma in questi mesi estremamente efficace. Perché il budget è stato costruito grazie alle cessioni (e che cessioni: Buongiorno e Bellanova su tutti hanno portato a 60 milioni in cassa, oltre a una serie di adii che hanno permesso di alleggerire il monte ingaggi), e soprattuto è stato utilizzato per reinvestire con grande intelligenza. A fronte dei 60 incassati, che sono usati anche per ripianare le perdite, Vagnati ne ha spesi solo 16 per acquistare Coco, Pedersen, Maripan, Walukiewicz. Chi manca? I due portieri (Paleari e Donnarumma) ma soprattutto un certo Adams. 2 gol in 5 partite per il vero e proprio colpo a zero che sta esaltando i tifosi granata: un lavoro durato un anno per convincere il giocatore ad accettare la destinazione e fargli capire come Torino e la Serie A fossero la soluzione migliore anche rispetto alla Premier League.

 

 

Un colpo come è stato quello di Saul Coco (la sua storia): tre mesi di operazione sotto traccia, emersa solo a giochi fatti. Perché Vagnati lavora così: ama sorprendere e soprattutto guardare fuori dai confini italiani, alla ricerca di quelle intuizioni a poco che possano essere valorizzate nel contesto giusto

Una ricostruzione partita da lontano

Un contesto che ha dovuto ricreare da capo. Era arrivato, il direttore tecnico, nel 2020 dopo la più che positiva esperienza alla Spal. E aveva trovato un Torino tutto da ricostruire, che lottava per salvarsi. C’erano ingaggi pesanti da rivedere (come quelli di Izzo, Verdi, Zaza, Belotti, ma non solo) e tanti giocatori da rimotivare. O far arrivare. La ricostruzione è stata lunga, non sempre facile. Fatta di ostacoli e di scelte non facili (vedi, appunto, la cessione di Bellanova di questa estate). Ma nel suo lavoro Vagnati ha sempre creduto, con delle decisioni che in qualche modo ora lo stanno premiando.

Il retroscena

Alcune trattative sono andate a buon fine. Altre meno. Una di queste è quella che avrebbe potuto portare Gosens in granata: l’esterno ha perso troppo tempo e alla fine ha scelto la Fiorentina in extremis, visto il rischio di rimanere in quella Bundesliga che non voleva più. Ma l’altra trattativa portata avanti in grande silenzio era stata per Conrad Harder, giovanissima punta passata questa estate dal Nordsjaelland allo Sporting Lisbona. Il Torino ci aveva provato eccome: Vagnati aveva incontrato il giocatore, 19 anni, insieme con il padre in Danimarca a giugno. Si erano parlati e si erano piaciuti. Ma i portoghesi sul piatto hanno poi messo 19 milioni: una cifra decisamente fuori budget, come si è visto, per il Toro. È andata così, senza rimpianti, ma di nuovo tutto in grande silenzio.

 

 

“Vagnatismo”

Perché al suo, di silenzio, si contrappongono le grida in campo di Vanoli. Che ci mette grinta e testa. Il dt granata ha insistito molto per arrivare all’allenatore del Venezia, che già piaceva comunque al presidente Cairo. Entrambi hanno lavorato per arrivare all’accordo giusto, dopo i colloqui che li avevano decisamente convinti. Un meccanismo che parte da lontano e un’idea di calcio condivisa. In campo è “Vanolismo”, senza dubbio. Ma dietro c’è anche il “Vagnatismo”. E Torino sorride.

Redazione

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