Javier Zanetti, Juan Veron, Diego Simeone e Matias Almeyda - Imago
Al Metropolitano va in scena il primo duello in panchina tra Simeone e Almeyda, legati da un passato che profuma di River e di Lazio.
Compagni di stanza per sei anni con la Selección argentina, compagni di squadra nella Lazio dello Scudetto 1999-2000, Simeone e Almeyda si ritrovano da rivali. Il Metropolitano ospita un duello che va oltre la classifica: è il reencuentro di due percorsi nati nello stesso calcio e arrivati, da opposti, alla stessa panchina.
Durante gli anni in nazionale, i due erano inseparabili. Almeyda, in un’intervista a TyC Sports, ha raccontato: «Con il Cholo ho condiviso tutto: viaggi, ritiri, persino la stanza. È uno dei pochi con cui potrei parlare dopo mesi come se ci fossimo visti ieri».
Un’amicizia vera, nata tra Buenos Aires e Roma, fatta di rispetto e mentalità vincente. Entrambi, ha ricordato Clarín (quotidiano argentino tra i più autorevoli del Paese), “rappresentano il calcio argentino nella sua forma più pura: carattere, sacrificio e leadership”.
Quel legame, costruito tra Buenos Aires e Roma, resiste nel tempo. Nel 2009, quando il Cholo smise di giocare al Racing, propose al Pelado di entrare nel suo staff tecnico. Almeyda racconta di aver accettato, ma solo per poche ore. «Gli dissi di sì, poi mi pentii: volevo allenare da solo», ha ammesso nelle sue memorie.
Lo stesso Simeone lo ha definito «coraggioso, con idee chiare, capace di trasmettere passione, lavoro e convinzione. Nobile, sincero e autentico». Ora però non c’è spazio per i ricordi. Per la prima volta Simeone e Almeyda si affronteranno da allenatori, e lo faranno in un momento chiave per entrambi.
L’Atlético apre un novembre interamente “madrileño”: sei partite in programma, cinque al Metropolitano e una trasferta minima, a Getafe (domenica 23, ore 18:30). Per Simeone, quella di oggi sarà la partita numero 33 contro il Sevilla; affronterà il dodicesimo allenatore diverso sulla panchina andalusa dopo Míchel, Emery, Sampaoli, Berizzo, Montella, Machín, Caparrós, Lopetegui, ancora Sampaoli, Quique Sánchez Flores e García Pimienta.
È un incrocio pieno di significati. Da una parte il Cholo, simbolo dell’Atlético da oltre un decennio; dall’altra Almeyda, arrivato a Siviglia questa estate per rimettere ordine in un club che ha vissuto troppe stagioni al limite.
Oggi il suo Sevilla è undicesimo con 13 punti, frutto di quattro vittorie, un pareggio e cinque sconfitte. Una squadra che ha ritrovato entusiasmo dopo la vittoria sul Barcellona ma che resta fragile dietro: per questo l’argentino sta pensando di passare alla difesa a tre, per contenere meglio la potenza offensiva rojiblanca.
Il filo comune tra Simeone e Almeyda porta a Núñez. River Plate è stato la loro scuola, la prima e la più importante. Dopo il debutto al Racing e il titolo con l’Estudiantes nell’Apertura 2006, Simeone arrivò a River nel 2007. Nel 2008 vinse il Clausura, il suo primo titolo da allenatore, e costruì l’idea di calcio che poi avrebbe esportato in Europa: blocco compatto, intensità mentale e culto del gruppo.
Almeyda, invece, prese quella panchina in uno dei momenti più difficili della storia del club. Il 22 giugno 2011 annunciò il ritiro da calciatore nel mezzo della promozione contro il Belgrano, e cinque giorni dopo accettò di guidare il River retrocesso. In una stagione di pressione costante, conquistò il ritorno in Primera Division con 20 vittorie, 13 pareggi e 5 sconfitte, 66 gol segnati e 28 subiti. Fu il suo debutto da tecnico e la rinascita del River.
River non ha solo formato calciatori, ma una generazione intera di allenatori che oggi popolano il calcio mondiale. Marcelo Gallardo, il più vincente della storia del club, con 14 titoli tra Argentina e coppe internazionali. Martín Demichelis, che tra il 2022 e il 2024 ha portato a casa tre trofei. Ramón Díaz, secondo più titolato con nove, oggi guida l’Internacional di Porto Alegre.
E poi Gorosito, Mascherano, Aimar, Placente, Coudet e Crespo, fino a Manuel Pellegrini, ora al Betis, che da Buenos Aires ha portato le sue idee in Europa. Secondo i dati del CIES Football Observatory, 97 giocatori cresciuti a River Plate militano oggi nei maggiori campionati del mondo. È il numero più alto tra i club extraeuropei.
Sotto la presidenza di Jorge Brito, il club ha consolidato il Método River Plate, un modello che unisce formazione, scienza e identità tattica. Un’idea di calcio che si ritrova in entrambi: Simeone ne incarna la disciplina, Almeyda la passione.
Domani il Metropolitano farà da cornice al primo confronto tra due uomini che condividono molto più di una generazione. Simeone ha costruito l’Atlético come una squadra fedele alla propria identità: compatta, fisica, sempre capace di accendere la partita nei momenti decisivi. Almeyda ha portato a Siviglia intensità e ritmo, un’idea chiara di gioco e un coinvolgimento totale del gruppo.
Per Simeone è una gara che apre un mese chiave, per Almeyda una vetrina e una prova. L’uno conosce l’altro nei dettagli: allenamenti, tempi, reazioni. Entrambi sanno come l’altro prepara una partita e come la vive.
Per questo, domani, Atlético–Sevilla sarà anche una partita tra specchi. Due modi diversi di intendere lo stesso calcio: quello che hanno imparato insieme, venticinque anni fa, al centrocampo della Lazio campione d’Italia.
A cura di Mariapaola Trombetta
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