Gabriele Scatena - credit: IMAGO
Gabriele Scatena, arbitro della sezione di Avezzano, accusa il sistema dopo la dismissione.
Sono parole durissime quelle utilizzate dal direttore di gara abruzzese in due post pubblicati su LinkedIn a distanza di poche ore l’uno dall’altro.
Scatena ha deciso di parlare della sua condizione all’indomani dell’ufficializzazione del suo addio ai campi, nella conferenza di Antonio Zappi relativa alla composizione dell’organico CAN della prossima stagione.
Dopo 9 direzioni tra B e Coppa Italia al primo anno in CAN (e diversi mesi out per infortunio), Scatena è stato dismesso per motivi tecnici.
Lo sfogo di Scatena comincia nel pomeriggio, con un primo post che recita: “Oggi non ho perso nulla. Ho solo aperto gli occhi. Dopo 20 anni di chilometri, fischietti, sacrifici e passione, chiudo un capitolo intenso, autentico, difficile da spiegare in poche righe. È successo tutto in silenzio. Ma il silenzio non è mai vuoto. Dentro ci sono domande, scelte, parole mai dette. E la voglia, oggi più che mai, di trasformare tutto questo in qualcosa che resti. Ci sarà un seguito. E sarà solo l’inizio. Perché a volte si perde un ruolo, ma si trova una voce. E quando accade… non si torna indietro. Qualcosa nascerà da tutto questo. Ma oggi… serve solo silenzio, sguardo alto e memoria viva“.
Poi l’attacco più duro, in serata, con la ricostruzione delle vicissitudini che hanno portato alla sua dismissione e la scelta – chiara – di rinunciare al corso organizzato per i futuri VAR Pro. Il secondo post comincia così: “Non cerco vendetta. Cerco verità. In vent’anni di percorso arbitrale ho attraversato ogni categoria, ogni sacrificio, ogni sfida. E oggi, più che mai, so distinguere ciò che è un errore da ciò che è un disegno. Mi sono ritrovato a dover “giustificare” un infortunio muscolare, certificato da un medico dell’ASL, trattato con diffidenza, sottoposto a verifica in assenza di qualsiasi norma che lo consentisse. Nessuno prima di me, in AIA, era mai stato controllato in quel modo, senza base regolamentare, con modalità decise fuori dalle regole. Poi, dopo, le regole sono cambiate.
Regole nate dopo. Ma nel mio caso… erano già state applicate prima“.
Poi la chiusura: “La verità è che la giostra non sarebbe nemmeno finita per me. Oggi potrei fare domanda per accedere al corso VAR. Potrei accettare il compromesso, entrare in silenzio, fare finta di niente. Ma rinuncio. Perché quello che ho vissuto non lo dimentico. Perché non si può restare in un sistema che ti ha prima escluso e poi comprato. Sono rimasto in silenzio finché ho potuto. Ma a un certo punto, il silenzio diventa complicità. E io non ci sto. Pubblico questo per un solo motivo. Perché chi viene dopo di me non debba più subire tutto questo da solo. E allora, se la mia voce oggi potrà risparmiare anche solo un ragazzo, o una ragazza, che domani si troverà in una situazione simile, quella sarà la mia vera Serie A“.
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