Partita importante, da recuperare. Mancano dieci secondi alla fine, la palla esce, sfila davanti a Sarri. Lui la guarda, non la tocca. Non lo fa mai. È uno dei suoi riti scaramantici: “Preferisce perdere, ma il pallone con cui si sta giocando non lo sfiora nemmeno. Se esce dal campo e lui è lì vicino, si sposta. È successo anche a partita quasi finita”. Non solo: “Non tocca nemmeno le righe del campo”. Sarri è così da sempre, a Empoli lo ricordano bene.
Tornerà sabato, sulla panchina della Lazio, per la seconda volta da avversario: “Sicuramente sarà emozionato, lo era anche la prima volta che ci sfidò dopo il passaggio al Napoli”. Manuel Pucciarelli è stato uno dei suoi pupilli. Con lui ha giocato tanto, quasi sempre, dalla Serie B alla A: “Eravamo giovani e affamati. Con Sarri non avevamo paura di niente, nemmeno di andare a giocare a viso aperto a Torino contro la Juve”, ricorda l’attaccante, ora svicolato, a Gianlucadimarzio.com.
È l’estate del 2012. Sarri si è già fatto strada tra serie minori e campi polverosi, nel calcio che conta è approdato con Pescara, Arezzo e Avellino. Il suo nome è legato a un gioco divertente, e allo stesso tempo efficace. L’Empoli decide di puntarci. E lui, cresciuto in Toscana, accetta con entusiasmo. È l’occasione giusta e la sfrutta al meglio. Un quarto posto in Serie B, poi la Serie A con tre turni di anticipo al secondo tentativo. Il resto è storia.
Il passato, quello empolese, lo ricorda Pucciarelli, che con Sarri ha toccato le vette più alte della sua carriera: “Ci volle poco a capire che sarebbe diventato un grande allenatore. Dava tantissimi consigli alla linea difensiva, in avanti invece ci lasciava completamente liberi di inventare. Ci dava qualche dritta ma alla fine in campo io, Tavano, Maccarone e Saponara facevamo quasi quello che volevamo. Mi chiedeva solo una cosa: di andare forte, io lo facevo e a lui stava bene così”.
Alle uscite in città preferiva la Tv, sempre accesa sul canale calcio: “Guardava ogni partita possibile”. Poi spiegava tutto ai suoi: “Il giorno prima della partita ci diceva la formazione avversaria e ci spiegava le caratteristiche di tutti: i punti forti e deboli di ogni giocatore”. Ma la vigilia non finiva lì: “La sera prima di ogni gara ci faceva un discorso. E noi avremmo voluto scendere subito in campo, tanto eravamo carichi. Mi ricordo ancora di un Empoli-Napoli del 2015, vinta da noi per 4-2. Una delle nostre migliori partite. Quella sera, in tutta Europa, giocavamo solo noi, o quasi. Ci disse che ci avrebbero guardato tutti. Ci caricò così tanto che in campo sbranammo gli avversari”.
Il fiuto per il talento, Sarri, se lo porta dietro da una vita: “A Empoli c’era un giovanissimo Zielinski, ancora non era così conosciuto. Sarri lo schierò in una partita importante, il polacco fece bene. Il giorno dopo il mister arrivò nello spogliatoio, lo cercò ridendo e gli disse ‘da oggi sei il mio figlioletto’. Da quel momento giocò quasi sempre”. Un Sarri leggero, scanzonato, quasi inedito, emerge dai ricordi del suo passato empolese. Calcio, ovviamente, e politica gli argomenti preferiti, che amava condividere con lo spogliatoio.
Una sigaretta accesa dopo l’altra a scandire la scalata alla vetta: “Ne fumava un’infinità, ma questo è noto. Aveva però un modo particolare di accenderle, forse un gesto scaramantico anche quello”. Dopo Empoli si è preso tutto, anche in Europa. L’ultima sfida si chiama Lazio: “Farà bene – dice ancora Pucciarelli. – Così come farà bene Immobile. È un campione e per lui parlano i numeri, Sarri sarà in grado di metterlo nelle migliori condizioni per segnare tanto”.
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