Il cuore ha prevalso su tutto il resto: Sanchez ritorna dopo 13 anni laddove tutto è cominciato, all’Udinese. Una scelta non nata per caso, ma frutto di un lungo corteggiamento da parte di un padre (Gino Pozzo) che rivede il figliol prodigo ritornare a casa (perché il cileno di ricchezza ne ha sperperata parecchia in campo tra Spagna, Inghilterra, Francia e Italia).
E durante la festa di presentazione dell’Udinese 2024/25, c’è stato il bagno di folla per Sanchez, accolto con grande entusiasmo.
Arriva a Udine nel 2006 e la stampa cilena esalta con un’esagerazione alla quale non eravamo abituati in Italia per un ragazzino di 17 anni, definito però il miglior talento del calcio di quel Paese sudamericano. Il Niño Maravilla. Un anno dopo, per completare il processo di maturazione, il club bianconero lo presta al River Plate e dal suo ritorno in Friuli non c’è più un difensore in grado di fermarlo.
Con Di Natale forma la coppia più prolifica della Serie A nella stagione 2010/2011 (i due segnano complessivamente 40 gol: 28 Totò e 12 Alexis) con la storica vittoria per 0-7 a Palermo. Non c’è stata partita. Tripletta per il 10 dei friulani, poker per il cileno (mai nessuno era riuscito a segnare con la maglia dell’Udinese quattro reti in una partita, record ancora infranto).
In quella partita Sanchez sembra posseduto, nessuno è in grado di fermarlo. Qualche anno più tardi, l’allora allenatore Guidolin ha rivelato che si è trovato costretto a sostituire Alexis per evitare che continuasse a segnare, come se fosse entrato in un loop di gol da cui non riusciva a uscire.
Una stagione straordinaria che ha attirato le attenzioni del Barcellona. Una cessione dolorosa ma anche effettuata con la consapevolezza che non si poteva tenere a lungo a Udine un talento del genere.
Arsenal, Manchester United e Marsiglia le altre grandi squadre con cui ha giocato all’estero e poi l’Inter (il club che era stato tanto vicino al cileno nel 2011 salvo poi subire il sorpasso blaugrana). Nel mentre una doblete con la Nazionale: due Copa America vinte, entrambe contro l’Argentina di Messi.
Il riavvicinamento è arrivato lo scorso 8 aprile, durante Udinese-Inter (gara cruciale per la corsa scudetto dei nerazzurri). Dalla standing ovation al suo ingresso in campo, al saluto caloroso nei suoi confronti nonostante la sconfitta rimediata nei minuti finali. Un pensiero comincia a ronzare nella testa di Alexis… e se tornassi dove mi amano?
Forti anche dell’ottimo rapporto tra proprietà e giocatore, le parti iniziano il giro di contatti per valutare la possibilità di un clamoroso ritorno. Nel mentre il cileno termina la sua avventura all’Inter e rimane svincolato. Dopo aver valutato tutte le proposte però, come si suol dire, al cuor non si comanda. Sanchez ritorna a Udine.
Lo stesso nome, un giocatore e una persona differente. Questo è Alexis Sanchez 13 anni dopo a Udine. Dal punto di vista tecnico, il cileno non è più lo straripante attaccante tuttocampo che fa della velocità e del dribbling fulmineo le sue caratteristiche principali. Il Nino Maravilla ora è più brevilineo, gioca più centrale, serve l’assist al compagno piuttosto che andare con l’azione personale in porta. Non più un 11 che fa allo stesso tempo un 7 e un 9, ma un 10.
Dal punto di vista umano-caratteriale invece, Sanchez si è tolto la maschera da bravo ragazzo un po’ timido ed è diventato un leader carismatico sia in campo che nello spogliatoio. Proprio quello che serve ora all’Udinese. Un colpo alla Ibrahimovic, quando nel 2021 ha risollevato le sorti di un Milan in difficoltà. 13 anni dopo sarà ancora Sanchez con la maglia dell’Udinese e la Serie A guarda nuovamente il Friuli con Maravilla.
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