Come se fosse la Curva Siberiano, come se lì ci fosse qualcuno. Casasola segna, corre e sa che è fatta, 3-0 al Pescara (QUI tutti i verdetti dell’ultima giornata) e Salernitana in Serie A 23 anni dopo l’ultima volta. Corre e lo inseguono tutti, compagni e staff, Castori e il vice Bocchini, nessuno gli sta dietro. Sfreccia sotto la Nord di uno stadio vuoto come fosse la sua. Lui, André Anderson e Tutino spediscono in A gli eroi per caso granata. È l’Adriatico di Pescara, ma a occhi chiusi sembra l’Arechi, perché Casasola corre verso una Curva Siberiano immaginaria. E i granata tornano tra i big dopo lo 0-0 col Venezia del 10 maggio ’98.
Stesso giorno, sì, perché la cabala in queste occasioni dà una mano. Da Delio Rossi a Fabrizio Castori, l’uomo del miracolo Carpi e della promessa fatta a gennaio: “Siamo da Serie A”. E nessuno ci credeva. Lui sì, il ragionier Fabrizio che ha allenato in tutte le categorie, dal campo base alla vetta, di nuovo realtà dopo 6 anni. Indossa il piumino a venti gradi, urla dal minuto uno al minuto 90 e poi si lascia andare, circondato dai suoi ragazzi al grido di “ce ne andiamo in Serie A”. L’uomo delle 8 promozioni in quasi tutte le categorie, 66 anni festeggia come un 18enne al primo bacio. Il merito è anche suo.
La Salernitana in A è un concetto che va raccontato da chi in questi anni ne ha vissute tante, a cominciare da Salerno Calcio-Palestrina in Serie D. Cinquemila persone all’Arechi e circa trecento a Selargius, in trasferta, in un’annata di sacrifici oggi ripagata. In tribuna stampa c’è chi ha gli occhi lucidi e trattiene le lacrime per professionalità, raccontando alla radio una promozione storica, urlando al gol di Tutino. C’è chi manda audio agli amici, chi chiama i genitori e i parenti per dire che c’era, che l’ha raccontato, e che 23 anni fa era così piccolo da non avere memoria. Ora sì, qualcosa può dirla anche lui. Gran parte del merito, poi, va ovviamente a Claudio Lotito e a suo cognato Mezzaroma, che dieci anni hanno rilevato una società fallita. Oggi il patron granata – e della Lazio – non era all’Adriatico, ma entro 30 giorni dovrà lasciare la proprietà. Il calcio italiano non prevede una doppia presidenza nella stessa categoria, quindi addio Salerno.
Cartoline dai protagonisti. È la promozione di Tutino, l’Atlante di Salerno con il peso sulle spalle. Atlante aveva il mondo, lui una città intera. Tredici gol e 6 assist, nello stesso stadio dove tre anni fa, con il Cosenza, centro la promozione in B 15 anni dopo l’ultima volta. Impresa. Oggi giochicchia, si sbatte, è una gara da pesi massimi – e infatti nella ripresa Castori mette dentro il gigante Djuric -, ma alla fine Genny lascia il segno e chiude da capocannoniere. È la Salernitana di Capezzi e Gondo, i “figli” del reality “Calciatori – Giovani Speranze”, protagonisti rumorosi di quella che oggi è una realtà. E’ la Salernitana di Belec, di Jarozynski e degli ex Lazio, André Anderson e Casasola, che oggi hanno contribuito alla festa con un gol a testa (in rosa ce ne sono dieci di proprietà biancoceleste). Ed è ancora un 10 maggio storico. Ventitré anni fa la promozione arrivò all’Arechi dopo uno 0-0 col Venezia, ma l’alluvione di Sarno e Quindici – avvenuta quattro giorni prima – portò i granata a rispettare i 160 morti e i 300 feriti. Oggi c’è di mezzo il covid, non ci sono i tifosi, resta solo il silenzio. I giocatori stesi sull’erba a gambe all’aria. Non parla nessuno, sorridono tutti, qualcuno piange. Chissà a Salerno.
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