Emozione e tensione. Cori e applausi. Fischi e malumori per un esonero non digerito. Però ora c’è De Rossi e l’Olimpico in occasione del suo esordio da allenatore della Roma è stato il termometro perfetto degli umori di una piazza che nell’ultima settimana si è separata da José Mourinho. Da un addio agrodolce a un bentornato di cuore: Roma-Verona è stata un frullatore di emozioni, un’altalena di sentimenti.
Ora compariva uno striscione per Mourinho (che continua a trattare con l’Al Shabab), ora uno per De Rossi. Poi di nuovo un ricordo del portoghese, e dopo ancora un’altra dimostrazione di affetto per il nuovo allenatore. La partita parallela a quella che si è giocata in campo si è svolta sugli spalti in questo susseguirsi di parole e dichiarazioni. I fischi non hanno risparmiato i giocatori (non tutti), per De Rossi invece solo cori; il ‘suo’ si è alzato nel secondo tempo mentre lui continuava a guardare esclusivamente in campo e la Curva Sud srotolava l’ennesimo striscione: “Ci siamo lasciati con una promessa nei tuoi confronti. Oggi ci ritroviamo per continuare a mantenerla… Siamo tutti DDR”.
Sempre in piedi, al limite della sua area tecnica. Indicazioni, incoraggiamenti, a braccia larghe a implorare calma o con lo sguardo fisso a cercare gli occhi di un giocatore per applaudirlo e fargli percepire il suo supporto. L’adrenalina a mille si è sciolta soltanto a fine partita: i tre fischi dell’arbitro come una liberazione, poi l’abbraccio da lontano ai tifosi con un mezzo giro di campo come il più sentito dei ringraziamenti.
“È uno dei momenti che verranno messi nell’album dei ricordi della mia vita, della mia carriera – ha detto a fine gara –. Tanti anni fa feci una battuta: “Se solo avessi avuto due carriere da donare alla Roma…”. Dissi una cosa del genere, nemmeno me la ricordo. Effettivamente, forse la seconda mi è stata donata”. Ed è iniziata da questo Roma-Verona, vinto 2-1 con i gol di Lukaku e Pellegrini, tra l'(ancora) ingombrante ricordo di Mourinho e un “amore incondizionato” al quale De Rossi ha risposto con un lungo applauso andando sotto la curva “perché era giusto così”. E soprattutto era soltanto l’inizio.
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