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Roma, Pastore: “In estate avevo dei dubbi, Fonseca mi ha gestito bene”

La passione per il calcio è arrivata da piccolissimo: “A 4 anni già giocavo”. E per inseguirla Javier Pastore partecipava a tutti i tornei amatoriali della sua zona. Si allenava anche in garage, con una pallina da tennis però, così con quella più grande sarebbe stato più facile. Il fantasista argentino si è raccontato ai microfoni della Roma in una lunga intervista ripercorrendo la sua carriera. 

I suoi idoli sono sempre stati due: “Quando ero piccolo senza dubbio Batistuta – ricorda Pastore – In quel momento giocava in nazionale, in Italia segnava tanto e si parlava solo di lui. Avevo il poster nella mia camera. Quando venne alla Roma, mio padre mi regalò la sua maglia, fu una cosa bellissima. Poi quando sono cresciuto un po’ di più adoravo Riquelme. Era un punto di riferimento come numero 10”.  

Tanto impegno e innato talento, così è esplosa la sua carriera in Argentina. Giovanissimo ma già protagonista, tanto che il Palermo gli ha messo gli occhi addosso: “Sono venuti a osservare le mie prestazioni per due mesi. Per me era un sogno giocare in Europa. È stato straordinario, mi hanno convinto subito. Non ci ho pensato due volte. Alla prima possibilità ho accettato. Era il mio sogno. Venivo per la cosa che so fare meglio: giocare a calcio. La mia famiglia mi ha supportato, perché è venuta con me. E tutto questo mi ha dato tanta fiducia”. 

Dall’Italia alla Francia, tappa PSG. Un’avventura che ha dato tanto a Pastore: “Una grande esperienza. Sono stati sette anni densi di avvenimenti. Sono arrivato in una squadra completamente diversa rispetto a quella che avevo lasciato. Ho visto il club crescere assieme a me, hanno cambiato allenatori, hanno fatto passi da gigante con i media, hanno rinnovato il centro sportivo e lo stadio, hanno migliorato tutto. Sono molto felice di essere stato con loro attraverso tutti questi cambiamenti. Mi hanno reso felice. Quando sono arrivato, il PSG non era quello che conosciamo oggi e io sono orgoglioso di aver dato il mio apporto. Non cambierei nulla di questi anni. Abbiamo vinto tanti titoli e ho lasciato un bel ricordo ai tifosi e alla gente in Francia: questa è la cosa più importante”. 

Poi la Roma, per un inizio tribolato: “L’avventura è partita bene ed ero molto entusiasta di giocare qui. Poi purtroppo mi sono fatto male un paio di volte di seguito e poi c’è stato l’infortunio al Derby di andata. A settembre già è iniziato ad andare tutto male. Avevo perso la fiducia dell’allenatore, perché non ero mai in campo. Fisicamente non sono stato mai bene, non riuscivo a gestire bene gli allenamenti o a migliorare la condizione fisica. Ho fatto pochissime partite e non è stato un anno facile, a livello personale e sportivo”. 

Dopo la prima stagione complicata sono arrivati i dubbi, spazzati via dall’arrivo d Fonseca: “Avevo tante cose per la testa. Stavano avvenendo tanti cambiamenti nel Club ed era tutto un punto interrogativo per me. Dal primo giorno la Società mi ha comunicato che il cambio di allenatore sarebbe stato positivo per tutti. Nei primi allenamenti ho dimostrato subito di voler cambiare quello che era stato un anno brutto, da parte mia e di tutta la squadra. L’allenatore è stato sempre molto onesto, ha dimostrato di aver fiducia in me. Mi ha chiesto di dimenticare quanto accaduto prima, di allenarmi al cento per cento. Mi hanno gestito bene”. 

Un lavoro costante quello di Fonseca su Pastore, anche a livello tattico: “Abbiamo lavorato su diversi aspetti. Vuole che un centrocampista punti sempre la porta avversaria e che non sia rivolto verso la nostra area. Ho dovuto concentrarmi molto in allenamento, perché io ero abituato a stare spalle alla porta, per fare uno-due con i compagni. Il mister, però, vuole che giochiamo in avanti, facendo un continuo cambio gioco da destra a sinistra. Ma la cosa più importante è la fiducia che ci dà il tecnico e il modo in cui ci parla”, ha concluso Pastore.  

LEGGI ANCHE; MANCINI AL COMANDO, L'INTUIZIONE DI FONSECA

Redazione

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