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“Giocherò alla morte per restare”: come De Rossi ha convinto Roma anche in panchina

Che Daniele De Rossi fosse parte della storia della Roma era cosa nota, che si sarebbe potuto confermare ad alti livelli anche in panchina, era un’incognita. Scelto per portare al termine la stagione dopo l’esonero di Mourinho, da subito l’ex “Capitan futuro” ha scelto di giocarsi le proprie carte, annunciando di puntare alla qualificazione in Champions League, allora lontana, adesso molto vicina

Così, la famiglia Friedkin ha annunciato la mattina di Roma-Milan, ritorno dei quarti di finale di Europa League, del rinnovo di contratto: “Nel suo breve mandato come capo allenatore, l’impatto positivo che la sua leadership ha portato all’intero club, ha continuato il racconto della sua storia straordinaria con la Roma”. (leggi qui).

Come De Rossi ha conquistato Roma anche in panchina

De Rossi sa bene come prendere il pubblico di Roma, sia nei gesti che con le parole, come dichiarato in varie conferenze stampa. Partiamo dalla prima: “La Roma non si rifiuta. Sarei contento se a fine stagione saremo tra le prime quattro. Credo sia un obiettivo da puntare. Non facile, ma raggiungibile”. Una conferenza che servì per dettare i propri concetti: “Avrei firmato in bianco. La cifra l’hanno messa loro. È un contratto di sei mesi, non ci sono clausole. Io ho solo chiesto di essere trattato da allenatore, non da bandiera. Ho detto loro che me la giocherò fino alla morte per rimanere qui. Non ricorrerò a quello che sono stato, mi giocherò sul campo la riconferma perché sarebbe un sogno per me”.  

 

 Sin dal primo impatto, De Rossi ha voluto porre alto il focus. Dall’obiettivo Champions alla responsabilizzazione dei giocatori, apparsi un po’ demoralizzati in precedenza: “Mi piace lo slogan “squadra di banditi” perché nel calcio serve essere spigolosi e avere le caratteristiche per vincere anche in maniera sporca. Credo di avere una grande squadra e dal punto di vista della personalità non peccano”. Passando sui singoli: “Pellegrini è un leader”, “Lukaku è uno degli attaccanti più forti al mondo”, “Dybala è un campione”, fino alla scelta di Svilar: “Svilar è forte di mentalità”. Tutto racchiuso in un: “Ho giocatori che possono segnare in ogni momento”.

Un ambiente ripristinato, una affinità stretta con la società: “La società ci sta dando serenità, posso contare sui Friedkin”. I risultati da subito sono rivelati importanti, e così le voci di rinnovo subito si sono fatte sentire: “Non cominciate eh… non sto facendo niente di speciale“. Però, dopo i quarti d’andata di Europa League vinti, il quinto posto in Serie A e in generale undici vittorie in sedici partite, la proprietà ha deciso di anticipare il futuro. Bene in panchina, anche se qualche volta il giocatore emerge: “Rosico nel non poter giocare”.

Lorenzo Vero

Nato all’ombra della Torre Pendente nel giugno del 2000 e studente di Informatica Umanistica. Bastian contrario per natura, ho iniziato a seguire il calcio perché ai miei genitori non piaceva. Sin da quando ero un bambino riempio la testa dei miei amici con aneddoti calcistici di ogni genere. Con gli anni, assieme alla barba, è cresciuta anche la mia passione per questo gioco. L’obiettivo adesso è quello di raccontare in modo veritiero (con il cognome che mi ritrovo…) e appassionante anche la meno appetibile delle partite.

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