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Carisma, nuove idee, la forza del gruppo: il Newcastle è rinato con Eddie Howe

Il weekend di Premier League ha colorato Manchester d’azzurro avvicinando il City alla conquista del suo ottavo titolo. In attesa dell’importante “monday night” fra Tottenham ed Everton, la ventottesima giornata ha espresso un altro importante verdetto: il Newcastle è finalmente uscito dalle “sabbie mobili” di una retrocessione che fino a qualche mese fa pareva inevitabile. Lo ha confermato la vittoria per 2-1 contro il Brighton, sorpresa del girone d’andata: il vero exploit di questa seconda parte di stagione di calcio inglese è quello dei Magpies. 

Senza dubbio i 92 milioni di sterline investiti dalla proprietà saudita a gennaio, nel suo primo mercato, sono stati un forte “incentivo”, per usare un eufemismo. La squadra “doveva” salvarsi, la proprietà del fondo Pif, la più ricca d’Europa, non poteva permettersi una retrocessione in Championship; acquisti come quelli di Trippier, nazionale inglese vicecampione d’Europa, e Bruno Guimarães, arrivato dal Lione per 50 milioni, suonavano come chiari messaggi in questa direzione. Eppure, limitare al mercato e al denaro investito a gennaio le ragioni dell’exploit dei “Magpies” in questo girone di ritorno sarebbe ingiusto. 

 

 

  

Seconde linee? Anche no

Anzi, se si guarda alla formazione-tipo messa in campo nelle ultime tre partite da Eddie Howe, i due acquisti più costosi non figurano nemmeno fra i titolari. Trippier si è infortunato con l’Aston Villa, mentre Guimarães sta cercando di scalare le gerarchie, ma parte ancora dietro a Joe Willock per il ruolo di mezz’ala destra. I nuovi arrivi che si stanno rivelando più decisivi sono i meno sponsorizzati e costosi: il terzino sinistro Matt Targett, in prestito dall’Aston Villa, il centrale di sinistra Dan Burn, dal Brighton, e l’attaccante neozelandese Chris Wood, approdato dal Burnley, uno di quei giocatori con non molti gol nelle gambe ma capaci di far ruotare la squadra intorno alle proprie giocate. 

 

 

Howe, l’uomo della svolta

Ma la vera chiave della risalita del Newcastle, che ha vinto 5 delle ultime 6 partite e ora è a più 7 sulla retrocessione, è l’allenatore Eddie Howe. Giovane prodigio della panchina, ha iniziato ad allenare ad appena 27 anni. Il Bournemouth è il club della sua vita: lo ha allenato nel complesso lungo 11 stagioni, portandolo per la prima volta nella sua storia in Premier e ottenendo la salvezza per 4 annate di fila, un vero e proprio miracolo sportivo. Howe è un convinto sostenitore di un calcio offensivo fatto di palleggio e pressing alto: tra i suoi riferimenti c’è Maurizio Sarri, che ha avuto modo di affrontare quando l’allenatore italiano guidava il Chelsea, e di cui è diventato amico. 

 

 

Howe oggi ha 41 anni, e sulla panchina del Newcastle ha sostituito uno degli allenatori più “attempati” del campionato, quello Steve Bruce che non aveva mai convinto pienamente tifosi e proprietà. Soprattutto, Bruce non era riuscito a estirpare quella tendenza all’autolesionismo, a rovinare tutto sul più bello, che in Inghilterra associano quasi proverbialmente al Newcastle. Dai racconti, nel centro sportivo del Newcastle si respira un’aria nuova, diversa, dall’arrivo di Howe, che ha da subito intrapreso colloqui individuali coi suoi calciatori per renderli più partecipi e coinvolti in un’idea di gruppo. Il suo carisma, la sua forza tranquilla sta conquistando e trascinando chiunque.

Le novità tattiche

L’allenatore ha saputo modificare anche le abitudini tattiche dei suoi giocatori: dal 3-4-3 di Steve Bruce si è passati, dopo un’iniziale fase sperimentale durata poche partite, all’attuale 4-3-3, marchio di fabbrica di Howe. Si tratta di un 4-3-3 molto singolare, in cui le due mezze ali, Joe Willock e Joelinton, sono adattate a fare quel ruolo, dato che di base sarebbero degli attaccanti esterni. Con questa soluzione, Howe ha creato due catene laterali per il palleggio e la sovrapposizione, due binari utili a dispiegare la qualità e la corsa dei suoi in velocità.

 

 

A fare da perno in mezzo al campo, il solito Jonjo Shelvey, finalmente privato di alcune responsabilità in eccesso di cui era stato caricato negli ultimi anni. Howe ha potuto contare sulla disponibilità dei suoi giocatori, anche di quelli che hanno perso un posto da titolari: su tutti Allan Saint-Maximin, imprescindibile sotto la gestione Bruce. Lo ha aiutato il fatto di poter disporre di tre calciatori che erano stati fra i protagonisti del suo Bournemouth: Matt Ritchie, Callum Wilson e soprattutto Ryan Fraser, uomo-chiave nel cambio di modulo proposto da Howe. Il quale ha saputo anche, come lui stesso ha ammesso, ricalibrare la propria idea di calcio in funzione della nuova realtà: non solo palleggio a oltranza, ma anche gestione dei momenti della partita, come dimostrano le percentuali di possesso fatte registrare in occasione delle recenti vittorie contro Everton (39%) e Brighton (33%). 

 

 

Insomma, mentre Amanda Staveley e i suoi collaboratori pianificano un futuro ai vertici del campionato inglese e dell’Europa, Howe e i suoi stanno realizzando una risalita che ha il sapore dell’impresa. E lo stanno facendo grazie alla forza delle idee, che spesso riesce a mettere in secondo piano quella economica. 

Leggi anche: Newcastle, introdotto il salario minimo per i dipendenti

Andrea Monforte

Classe 2000, monzese (d’adozione), studio Lettere a Milano. Un’indomita ed ereditaria passione per lo sport (calcio, ovviamente, ma anche ciclismo), declinata in “narrazione” tecnica e sentimentale: la critica della complessità come antidoto alla semplificazione. La vaghezza del ricordo personale ha reso l’azzurro del cielo di Berlino 2006 un’indelebile traccia mitologica. Sono nato lo stesso giorno di Ryan Giggs e di Manuel Lazzari, ma resto umile.

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