Interviste e Storie

Lo scopritore di Openda: “La mamma e il pallone, vi racconto Loïs”

È arrivato alla Juventus nelle ultime ore del calciomercato. A sorpresa, un po’ come l’inizio della sua carriera. Perché Loïs Openda a calcio non doveva neanche giocarci. Da bambino deve affrontare l’asma e dei gravi problemi respiratori che lo costringono al ricovero durato diversi mesi.

«Non guariva, così andammo da uno specialista. Ha dovuto sottoporsi a un intervento chirurgico, il medico mi disse che non avrebbe più potuto correre», ha raccontato la mamma a So.Foot. Nessuno crede possa praticare sport a livello agonistico. Nessuno tranne il ragazzo e, appunto, la madre, figura fondamentale nella sua vita. In casa il padre non c’è, è lei a crescere Loïs e i suoi due fratelli.

«So che erano molto legati. Quando si era trasferito da solo a Bruge aveva sofferto molto. Gli mancava la famiglia. Quando nei mesi successivi l’hanno raggiunto è cambiato tutto. Il riunirsi con loro è stato fondamentale per lui», racconta Dominique Renson, responsabile dell’academy dell’RFC Liegi, una delle prime squadre di Openda.

«Dicevano che non avrebbe potuto più correre, ma andava più forte di tutti». Un gioco del destino. Uno scatto dopo l’altro, come quello che l’ha portato a Torino poco prima della fine del mercato.

Patatine e pallone

Loïs viene scoperto da Fabrice Geraerts, allenatore del club, su un campo di provincia a Othée. «Ho visto un bambino, è forte. Dobbiamo prenderlo». L’uomo non ha dubbi. «Aveva una velocità incredibile per la sua età», ricorda il signor Dominique. Una partita 8 contro 8 come provino: «È bastato poco per convincerci a prenderlo. Gli mancava ancora un po’ di precisione tecnica e tattica, ma era un ragazzo che amava il calcio e che voleva migliorare. Chiedeva consigli e cercava di metterli in pratica. Non era il più forte, ma la sua esplosività lo rendeva unico».

E chiunque lo incontrasse, lo vedeva sempre con un pallone tra i piedi: «Ci giocava sempre, prima e dopo gli allenamenti. E ricordo che amava mangiare le patatine dopo le partite».

I gol e la svolta in Olanda

Loïs diventa presto il riferimento dei compagni: «Era un ragazzo rispettoso ed educato a cui tutti volevano bene. Era molto importante per la sua squadra. La sua velocità gli permetteva di segnare molto, ma in realtà il suo rapporto con la porta non era buono». Il piccolo Openda corre troppo veloce… anche per i gol: «Arrivava davanti al portiere dopo i suoi tanti scatti e preso dalla frenesia perdeva la lucidità, sbagliando a volte scelta». «Loïs, immagina di dover frenare. Fermati e pensa alla giocata migliore da fare», il consiglio di Dominique. La precisione migliora, come la gestione del fuorigioco che «ha dovuto imparare a gestire quando ha iniziato a giocare a 11».

Le squadre professionistiche iniziano a notare quel ragazzo. Openda va prima allo Standard Liegi e poi al Club Bruges. Ma la vera svolta arriva in Olanda: «Il suo passaggio al Vitesse poteva sembrare, ma è stata una scelta fondamentale per fare esperienza e ritrovare fiducia». Olanda, Francia, Germania e ora l’Italia: «Sta arrivando sempre più in alto. Dovrà abituarsi a un nuovo campionato, ma ha le qualità per affermarsi». Non doveva più correre, alla fine è andato più veloce di tutti. Anche del calciomercato.

Nicolò Franceschin

Nato nel 1997 tra Milano, Como e Lecco. Laureato in Giurisprudenza, ma ai codici ho preferito una penna. Cresciuto con Maradona (il calcio), ma anche Ronaldinho e Sneijder. Il fascino del numero 10. Credo nella forza delle parole. Verità e narrazione. In giro in macchina per stadi, campi e strade alla ricerca di nuovi colori da scrivere, perché ognuno ha una sua sfumatura. Le note del telefono che si riempiono di storie, alcune il cui finale è ancora tutto da scrivere. Una di queste è la mia. Raccontare emozioni e dare voce a chi non ce l’ha.

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