Il profilo marmoreo del Duomo emana l’unica traccia di luce bianca della notte monzese. A chi arriva da Piazza Trento e Trieste, appare subito chiaro che la festa non è lì, dove la scorsa estate si gioiva per l’Europeo, ma poco più avanti: prima un fumogeno rosso, poi un fuoco d’artificio colorano il cielo.
“Monza è una città di lavoratori“, dice da Pisa Adriano Galliani. Domani è lunedì, ma chi si accampa sulla scalinata di san Giovanni Battista o si arrampica sui ponteggi eretti a ridosso dei palazzi vicini non ci vuole pensare. Tutti vogliono essere testimoni della prima promozione in Serie A del Monza, nessuno vuole mancare l’appuntamento con la Storia.
È stata una lunga corsa, dal maxischermo allestito nel parcheggio dello stadio al centro. Al fischio finale sono cominciati gli abbracci tra sconosciuti: il calpestio dei cocci di bottiglia diventa la colonna sonora di una festa in cui anche un campione olimpico, Filippo Tortu, viene scambiato per un semplice tifoso. È un grande carnevale, un abbassamento del sacro e un innalzamento del profano, il ribaltamento di ogni gerarchia sociale, l’ebbrezza eretta a norma.
Mentre i riflettori dello stadio si accendono a intermittenza, tutti si affrettano per raggiungere le piazze. Chi di solito attraversa le stesse vie per andare e tornare dal lavoro, oggi ha una bandiera, una sciarpa e qualche litro di birra di troppo in corpo. Mezz’ora di percorrenza, mezz’ora di clacson. Nell’aria l’odore di pastiglie di freni bruciati e i cori contro i pisani.
“Stessa storia stesso posto stesso bar“. Gli 883 sono parte integrante della colonna sonora dei tifosi, come Cochi e Renato e Gianluca Grignani. Ed è proprio in un bar, anzi in un caffè, il “Caffè Pasticceria Roma” che si trovava la prima sede del Monza, fondato nel 1912. Nella stessa piazza Roma, fra i portici dell’Arengario, teatro di passioni civili, viene riallacciato il filo con la storia.
Solo alla fine degli anni Sessanta il Monza aveva sfiorato la promozione in A. Chi era lì, nel vecchio stadio, a tifare i Terraneo, i Tosetto, i Fontana oggi non si mischia alla folla, la osserva dai balconi sorridendo. C’è qualche ubriaco che gira per le strade insultando la polizia. C’è chi cerca un passaggio, o approfitta del giubilo collettivo per chiedere il numero a una ragazza. Qua e là spuntano il curioso, lo straniero, e chi di calcio non ne sa nulla: non capiscono come una città così mansueta possa essersi risvegliata, fino a esplodere, tutto in una volta, in un unico boato, in un unico abbraccio.
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