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“Silvio, portaci Ibra”: la “prima” di Berlusconi a Monza, tra entusiasmo, pari-beffa e richieste impossibili

“Silvio! Silvio!”. Il nome che riecheggia nell’aria non può che essere, inevitabilmente, il suo: ritorno nel mondo del calcio e ritornello scandito in tribuna da chi, tra generazioni davvero d’ogni età, non aspettava altro che la sua “prima” al “Brianteo”. Berlusconi is back, ora anche sugli spalti di uno stadio: scenario che mancava, da proprietario di un club, dal derby del 20 novembre di due anni fa contro l’Inter. Tornato a verificarsi oggi, tra l’entusiasmo generale del suo nuovo popolo, alla guida del Monza.

Per alcuni abitanti della città sarebbe stato “come Natale”: esagerazione a fin di bene, paragonabile alle grandi speranze del tifo biancorosso espresse tramite uno striscione di benvenuto con collegamento alla Roma antica. “Come Augusto, hai preso una società di solidi mattoni. Ora trasformala in marmo. Grazie per il sogno”. Monza immagina, crede e spera, trascinata dal suo nuovo protagonista di lusso, costantemente affiancato da Galliani: stesse regole sull’ideologia di squadra ribadite pre ingresso in tribuna, tra gioventù, club modello, stile ordinato ed educazione calcistica, e discorso alla squadra a pochi minuti dal match. “Chi crede, vince”: fotocopia di un pensiero collezionato e riproposto, dopo gli anni in rossonero, anche all’interno della nuova avventura.

Dai bambini agli anziani: tutti attaccati alle recinzioni che separano il palco vip dai settori adiacenti, in attesa di un selfie, di una rapida battuta o di una stretta di mano. Scendendo le scale sulle note de “Gli Anni”, coltivando la speranza che siano “d’oro” anche per il suo nuovo club, Berlusconi ha provato ad accontentare tutti: difficile farlo con chi gli chiedeva a gran voce desideri impossibili (“Portaci Ibra!”), decisamente più semplice con un ragazzino che, allungando timidamente una sciarpa, riceveva una carezza. Tutto apparentemente perfetto, gara inclusa e vissuta nella massima compostezza, almeno fino a 3’ dal 90’: la traversa di Ceccarelli a far gridare al gol nel primo tempo, il vantaggio meritato firmato Negro (lui sì, senza tatuaggi e scuola Juve) a illudere. Poi, il pari di Granoche su rigore: macchia su un debutto che rischiava di diventare perfetto, con una vetta della classifica momentaneamente guadagnata grazie al pari del Pordenone, giunto in una delle rare avanzate offensive ospiti.

Eppure, la sensazione di beffa traspare limitatamente: al fischio finale, il punto di fuga del nuovo universo monzese resta sempre lui. Stessa storia, stesso posto, stesso protagonista: foto e strette di mano con chi lo acclamava, braccio alzato per salutare sorridente verso gli altri settori, prima di lasciare (scortatissimo) il “Brianteo” sciarpa al collo. Un “buona la prima” rimasto sospeso a metà, un po’ come lo striscione di ringraziamento appeso durante il match in curva, che Berlusconi avrà modo (come sempre) di analizzare e sottoporre a critica, alla ricerca del primo successo da nuovo proprietario: se il nuovo corso societario intrapreso “sarà romantico”, non verrà certamente stabilito da oggi. Giorno da ricordare, ad ogni modo, come uno dei primi passi verso il ritorno in un mondo a lui arcinoto, ma al contempo ancora tutto da scoprire: tra emozioni, entusiasmo, richieste folli e affetto di una Monza che in “crede” fortemente. Con un nuovo leader a capo ed un solo obiettivo “prefissato”: vincere.

Simone Nobilini

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