Pasquale Marino, allenatore della Salernitana
Impatto immediato e media punti da salvezza diretta: Pasquale Marino conquista 9 punti su 12 dal suo arrivo alla Salernitana
Tre vittorie, una sola sconfitta e un’identità finalmente ritrovata.
Da quando Pasquale Marino è arrivato a Salerno, la Salernitana ha cambiato nettamente passo.
9 punti su 12 conquistati, 7 gol segnati, 4 subiti e 1 solo punto di distanza dalla salvezza diretta per scongiurare l’incubo Serie C.
Il dato più chiaro è la media (2,25 punti a gara): nessuno ha fatto meglio di lui sulla panchina granata dopo Paulo Sousa nel 2023.
A sei partite dal termine del campionato non c’era tempo per stravolgere tutto. Marino lo sapeva, e ha scelto la via più intelligente: solidità, chiarezza e qualche dettaglio decisivo. È rimasta la difesa a tre, così come l’impianto di base, ma l’atteggiamento in campo è cambiato. Il 3-5-2 ereditato da Roberto Breda è diventato un 3-4-2-1 più offensivo, con due rifinitori alle spalle della punta e gli esterni che spingono. Corazza, Stojanovic e Ghiglione oggi giocano più alti, più larghi, più coinvolti nella manovra offensiva. Non più solo quinti bloccati, dunque, ma veri e propri laterali d’attacco: accompagnano, arrivano sul fondo, si buttano dentro.
I gol di Ferrari e Corazza raccontano proprio questo: una squadra che porta tanti uomini in area, che ci crede, che gioca più in verticale. E poi c’è Hrustic, rispolverato e riportato nel cuore del gioco dopo mesi di assenza dal campo. Più vicino alla porta, più coinvolto, più pericoloso. Con lui e Amatucci il giro palla è migliorato, con più ritmo. L’idea è quella di non essere più passivi, ma di provare a fare la partita. Ad essere tornato in campo, poi, è anche Simy, oggi a segno sulla rete del 2-0 contro il Mantova. Marino, dunque, non ha stravolto, ha ricostruito: dai dettagli, dall’equilibrio, da quei piccoli meccanismi che fanno girare una squadra. Il risultato? Più tiri, più occasioni, e più fiducia. E, soprattutto, una squadra che si muove da squadra. Non solo in fase di possesso, ma anche nel modo in cui reagisce. Anche quando perde, come a La Spezia, resta dentro la partita fino alla fine. In fondo, forse, a Salerno non servivano rivoluzioni, ma soltanto idee chiare. Assieme a qualcuno in grado di farle funzionare.
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