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Il Peter Pan di Citta, Maistrello: “Il mio viaggio alla Iverson”

Parte la videochiamata, sullo schermo del telefono appare il suo volto. Il codino, l’orecchino e un gran sorriso. Anche se ha appena dovuto “pagare un pranzo a Mastrantonio e Danzi per una scommessa persa”. Tommy Maistrello è così come appare, senza maschere. È l’affermazione della semplicità, è la bellezza della spontaneità. Tra quel sorriso e il numero 32 scritto sulla maglia si disegna una storia. Una storia di un bambino partito dal giardino di casa quando “poco più grande del pallone cercava di fare gol”. Ma, soprattutto, il viaggio di un ragazzo divenuto uomo. Un eterno Peter Pan che è riuscito a diventare grande senza perdere la sua autenticità e la sua sana follia.Faccio di tutto per far star bene i compagni. Se in spogliatoio stai bene, in campo poi ti aiuti. Nel mio essere un po’ matto, cerco di dare leggerezza al gruppo”. Uomo squadra. 

In quell’abbraccio coi tifosi del Citta al Tombolato si toccano tante immagini. Un fulmine, Klose, Lewandowski, Iverson, gli Who e una riunione tecnica saltata. C’è la sua Alessia e la B raggiunta a 30 anni. C’è la consapevolezza che le cose belle necessitano del giusto tempo. Perché il percorso è diverso per ogni persona. Diverse sono le conquiste, la crescita, le sconfitte, i sorrisi. Ciò che conta è godersi il viaggio. Perché alla fine, “amerai il finale”. Mettetevi comodi, guida Tommy Maistrello.

Credit: Cittadella

 

La Citta di Tommy

Ed è proprio dal sedile della sua auto che parte la videochiamata. “Qua a Cittadella si sta bene”. Programmazione, monte ingaggi tra i più bassi della categoria, colpi dalla Serie C, l’attenzione alla persona. Citta è una piazza diversa. Atipica. “C’è qualcosa che da altre parti non c’è. Lo comprendi quando lo vivi”. Ma un attimo, in Veneto come è arrivato? Facciamo un passo indietro: “Ero a Renate, mi volevano dei top club di C. Poi la chiamata. Pensavo fosse un semplice sondaggio…”. “Ti vogliono davvero”. Pochi giorni ed è… Serie B: “Non è stato facile, lasciavo degli amici. Però sapevo che stavo andando a prendermi qualcosa che volevo con tutto me stesso”. Un addio doloroso, capiremo il perché. Il sogno della nuova categoria. L’arrivo in una situazione complicata di classifica: “Il morale dello spogliatoio non era altissimo”.

Credit: Cittadella

 

Salvezza

Mi hanno fatto sentire importante”. Fin da subito uomo spogliatoio: “Ho provato a dare quella serenità che un po’ mancava”. E poi il campo. Buone prestazioni fino al primo gol in B. Anzi, i primi due contro il Palermo: “Un susseguirsi di sensazioni incredibili”. Emozioni “belle eh, ma care (ride ndr). Per l’esordio e le prime reti in B quanto ho speso… Compagni, amici, famiglia.. quante cene offerte”. Una salvezza conquistata all’ultima giornata contro il Como: “Una liberazione. La festa è durata tre giorni. Un bar di Cittadella sembrava Ibiza”. A che ora è finita? “Alle 7 di mattina”. Fino al pranzo con tutte le famiglie “a casa di mia suocera a base di carne brasiliana. Tre giorni di follia. Alcuni si sono presentati vestiti da sub con le pistole d’acqua”. C’è il video? “Certo, ora te lo giro”. E nei mesi tanti scherzi… “In ritiro questa estate siamo andati in baita in bici. A Pittarello hanno sgonfiato la ruota. Lui è permaloso ed è impazzito”.

Sguardi presenti e futuri

Cittadella-Brescia, minuto 81’. Movimento, scavetto, gol del 3-2. La firma? Tommy Maistrello. Con una curiosità: “Il giovedì l’allenatore ha fatto una riunione con gli attaccanti, ma io avevo un esame all’università. Per cui ci ho parlato poi il venerdì mattina. I giornalisti mi hanno visto uscire da solo dalla sala, chissà che avevano pensato…”. Esame di? “Gestione e marketing nelle imprese sportive”. Andato bene? “Sì, ora mi manca l’ultimo prima di laurearmi”. Anche se c’è un appuntamento più importante: “Il matrimonio a giugno con la mia Alessia”. Il viaggio di nozze? “Giro dell’America e qualche giorno in Messico”.

Viaggio

Vita, amore, calcio. Nel percorso di Tommy questi tre concetti si legano in modo inscindibile. Perché a fare la differenza sono le conquiste personali che si fanno. Le consapevolezza raggiunte come uomo e, di conseguenza, come giocatore: “Con Alessia, dopo esserci lasciati per un anno e mezzo, ci siamo ritrovati: la mia rinascita. Ho capito ciò che volevo dalla vita. Un benessere che mi ha permesso di crescere come giocatore e persona”. Cambiamento: “Prima ero più confusionario e si rispecchiava anche nel mio essere calciatore. Poi sono cambiato”. Sapere cosa si vuole. Parte tutto da lì. In campo la svolta arriva a Renate (dove ha firmato 15 minuti prima della fine del mercato): “Avevo capito che dovevo cambiare. È scattato qualcosa in me”. Con degli amici speciali: “Galu, Apo, Anghi, Pos.. che gruppo”.

Tommy è…

Tommy è “fulmine. Mi chiamavano così a Renate per un orecchino che avevo”. È Lewandowski: “Il soprannome che ci siamo dati con Galuppini. A Renate eravamo la coppia più prolifica insieme al polacco e a Gnabry”. È Klose: “In una partita all’Olimpico contro la Lazio un mio amico arrivò con il cartello ‘Maistrello meglio di Klose’”. I numeri di maglia 5, 8, 32: “Perché il 9 non l’ho mai sentito mio”. I tatuaggi: “L’ultimo è del mio idolo Iverson, un bad boy un po’ ribelle che in campo faceva il c**o a tutti”. E il nome Tommy: “Scelto dal miei genitori per un album degli Who”.

Ma, soprattutto, Tommy è semplicemente… Tommy. È il mettere davanti il bene del gruppo. È una sana follia e la risata contagiosa e generosa. È un Peter Pan diventato uomo, rispettando i tempi.. del tempo. Senza rimpianti, perché “so che quello che ho l’ho ottenuto e meritato”. E chissà, magari la Serie A: “Sono una persona ambiziosa. È un sogno che mi alimenta e motiva”.

E per quanta strada ancora c’è da fare, amerai il finale Tommy.

E per il prossimo gol, c’è una promessa..

Nicolò Franceschin

Nato nel 1997 tra Milano, Como e Lecco. Laureato in Giurisprudenza, ma ai codici ho preferito una penna. Cresciuto con Maradona (il calcio), ma anche Ronaldinho e Sneijder. Il fascino del numero 10. Credo nella forza delle parole. Verità e narrazione. In giro in macchina per stadi, campi e strade alla ricerca di nuovi colori da scrivere, perché ognuno ha una sua sfumatura. Le note del telefono che si riempiono di storie, alcune il cui finale è ancora tutto da scrivere. Una di queste è la mia. Raccontare emozioni e dare voce a chi non ce l’ha.

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